Ritorno al passato nella pubblica amministrazione: addio smart working

Ha letteralmente salvato l’economia italiana nella fase più acuta della pandemia, ma ora la pubblica amministrazione ha deciso di cancellare quasi del tutto lo smart working. Ecco cosa accadrà da qui a poco…

smart working

Grazie è stato bello e utile ma ora caro smart working non ci servi più. E’ quanto in sintesi emerge dalle ultime dichiarazioni dal ministro della Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta. Il piano del governo Draghi sembra essere ormai delineato: prima estendere l’obbligo di Green Pass anche a tutti i dipendenti pubblici, poi promulgare il Dpcm già pronto nel cassetto, che prevede l’appunto il ritorno al lavoro in presenza. Lo stesso braccio destro di Brunetta, Roberto Speranza lo conferma: “Per quanto riguarda la Pubblica Amministrazione, se lo smart working è stato uno strumento fondamentale nel momento più complicato del nostro Paese, credo che oggi dobbiamo creare le condizioni per tornare a lavorare in presenza e il Green Pass è uno strumento efficace per raggiungere questo obiettivo”.

Ma su questo tema vale la pena fare una distinzione importante fra smart working e telelavoro…

Smart working e telelavoro quali sono le differenze…

Spesso, troppo spesso, questi due termini sono usati in maniera indifferente in realtà si tratta di due concetti agli antipodi. Il telelavoro prevede di lavorare appunto da casa negli stessi orari che si praticavano in sede, Ci si collega a un computer e il responsabile può controllare che il lavoratore sia collegato. Il telelavoro si adatta a mansioni diciamo di basso, medio livello, tipo lavoro da segretario/a che appunto deve essere a disposizione del superiore di riferimento rispondendo a telefono, mail, prendendo appumenti…

Lo smart working si adatta invece a incarichi più alti di livello concettuale. Per esempio un architetto incaricato dal proprio datore di lavoro di preparare un progetto per la ristrutturazione di una sede può lavorare in qualsiasi luogo, decidendo autonomamente in che orari lavorare. L’importante è che alla data prefissata consegni il progetto richiesto.

Insomma due modi completamente diversi di lavorare da remoto che invece nel linguaggio comune sono diventati purtroppo dei sinonimi.

Una piccola quota di smart rimarrà…

Lo smart working, ma a questo punto chiamiamolo “lavoro agile”, dovrebbe sopravvivere in piccole quote, la percentuale potrebbe dipendere da ciò che ogni dirigente stabilisce coi cosiddetti POLA, (i Piani per il lavoro agile) che erano stati introdotti dal precedente titolare del dicastero Fabiana Dadone (inizialmente il 50 per cento dei lavoratori operava in smart working). La soglia minima, ora al 15 per cento, scatterà anche quando le amministrazioni decideranno di non programmare alcun POLA.

Ministeri ed agenzie dovrebbero essere i primi toccati dal decreto di cui sopra con modalità ancora in via di definizione. L’obiettivo è quello di garantire il lavoro da remoto alle categorie più fragili, ma non si esclude che venga riservato anche a quanti rifiutino di vaccinarsi. Il piano del ministro Brunetta prevede la realizzazione di uno smart working che sia davvero tale ovvero che si realizzi come lavoro per obiettivi. Un desiderio al momento irrealizzabile dato che, come spiegato dal presidente di Aran Antonio Naddeo: “Solo il lavoro dei dirigenti si misura sugli obiettivi. Per gli altri dipendenti, vanno stabilite le modalità”.

Restano da stabilire con i sindacati altri punti come l’organizzazione della giornata lavorativa dei dipendenti pubblici che lavorano da remoto. Dovranno essere definite fasce orarie obbligatorie, di reperibilità e di non lavoro… Per quanto concerne i buoni-pasto, questi non verranno più erogati, così come accadrà per gli straordinari. Si parla invece di rimborsi forfettari per le spese di connessione al web e di energia elettrica. Sarà un confronto molto interessante visto l’ingente risparmio che le amministrazioni hanno registrato al lavoro agile.

Tutti i vantaggi per imprese e lavoratori del lavoro agile

Eppure mantenere una quota elevata di lavoro agile ha molti vantaggi sia per le imprese che per i lavoratori, vediamo quali

I vantaggi del lavoro agile per i lavoratori: creazione di un rapporto fiduciario con i manager e con colleghi; maggior consapevolezza del proprio lavoro, degli obiettivi e opportunità di crescita professionale e personale; maggior flessibilità sia in termini di orari sia in termini di spazi. E inoltre la possibilità di lavorare in un ambiente dinamico, trasparente, innovativo e collaborativo, di gestire meglio il proprio tempo e migliorare l’equilibrio vita lavorativa-vita personale. Aumento produttività: più serenità a lavoro significa più produttività.

Anche le aziende hanno grandi vantaggi: la riduzione di molti costi grazie alla riorganizzazione degli spazi e all’uso di pratiche del desk – sharing, uso di ambienti in comune, delle silent- room, per favorire la mobilità e la flessibilità lavorativa. Quindi gli uffici si diventano più piccoli e i costi diminuiscono. La discesa dei costi è dovuta anche all’ottimizzazione di alcuni processi (come la riduzione delle tempistiche, delle anomalie, dei rischi) e all’uso di tecnologie di collaborazione che elevano gli standard lavorativi.

E ancora: aumento del brand awareness vale a dire che un’azienda che mette in atto queste  politiche diventa più attraente per la clientela, peri partner e per i futuri dipendenti. Si è anche più apprezzati sul mercato e si riscontrano minori difficoltà nel ricercare nuovi talenti.

Si è riscontrato anche un aumento nella produttività: un lavoratore che produce di più significa un team più efficace, benefici che ricadono a loro volta sull’organizzazione…. In questo modo è possibile operare in un ambiente trasparente, coeso, collaborativo che genera idee e le sperimenta al suo interno per migliorare i processi e l’offerta ai clienti.

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