Con gli accordi di Basilea del 1988 sono stati introdotti una serie di parametri che oggi sono diventati di riferimento per valutare la solidità finanziaria e patrimoniale degli istituti di credito.
Gli accordi di Basilea hanno determinato dei principi di misurazione, condivisi dalle autorità economiche di oltre centro paesi, al fine di valutare con verifiche regolari e universalmente condivise dagli aderenti all’accordo, affidabilità e adeguatezza dell’attività bancaria in relazione al rispetto dei requisiti stabiliti.
Con un approccio atto alla prevenzione, le autorità hanno posto l’attenzione a parametri che puntano sul rafforzamento della sicurezza del sistema finanziario, stabilendo requisiti minimi in materia di vigilanza, promuovendo il rispetto delle regole, in uno sforzo comune atto a evitare il rischio sistemico che può seguire al fallimento di una banca.
Nel corso degli anni si sono sempre più affinati i requisiti patrimoniali e gestionali a garanzia del corretto svolgimento delle attività, sia quelle a servizio del consumatore, sia quelle di auto finanziamento, dovute alle attività di investimento e credito.
Secondo le norme in vigore, le autorizzazioni per l’attività bancaria vengono rilasciate dalla Banca Centrale Europea su proposta della Banca d’Italia. La BCE valuta nel merito l’organizzazione imprenditoriale in base a requisiti patrimoniali minimi, a garanzia dell’attività di erogazione del credito e dell’assenza di conflitti di interessi tra i membri che compongono i quadri dirigenziali ed eventuali componenti facenti parte delle autorità atte a vigilare sulla sua condotta.
Una banca abilitata a operare dalla legislazione italiana, ha l’obbligo di avere le sue sedi fisiche nel territorio nazionale. Il capitale minimo richiesto ai fini del rilascio dell’autorizzazione è, almeno rispetto a quanto si è abituati a immaginare, sorprendentemente ridotto: va dai 10 milioni di euro per gli istituti singoli, ai 6,3 milioni per le banche costituite come s.p.a, fino ai 2 milioni di euro per le banche di credito cooperativo.
I dipendenti devono essere idonei allo svolgimento degli incarichi assegnati, soddisfando tutti i criteri di competenza tecnica, coerenza in base all’incarico assegnato, nonché requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza. Devono altresì lavorare senza accumulare un numero eccessivo di responsabilità e incarichi rispetto alle dimensioni della banca.
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Per il calcolo dei requisiti minimi al fine di poter giudicare una banca ancora sicura, si utilizzano diverse rilevazioni. Esse si possono basare sull’ammontare dei crediti verso la banca, derivanti dalle ipoteche sugli immobili residenziali e non residenziali.
Nel primo caso essi pesano sul computo finale per il 35%. La qualità di questi crediti deve essere tale da eliminare la possibilità che il rischio di credito dipenda direttamente dal debitore, gli immobili siano occupati e l’importo totale del credito dovuto sia uguale o minore dell’80% del valore dell’immobile.
Mentre per quanto riguarda gli immobili non residenziali, essi pesano al 50% a condizione che il merito creditizio del debitore non sia tale da compromettere la possibilità della sua restituzione e il rimborso del debito non dipenda da entrate derivanti dalla messa a frutto dell’immobile stesso.
Un altro tipo di rilevazione viene attuata al fine di ottenere stime di perdita dell’istituto, in caso di fallimento dei suoi debitori e dalle diverse probabilità che questo avvenga. Per ottenere questo la banca attua un sistema di rating interno, per valutare il merito creditizio dei suoi debitori, in base alla loro situazione patrimoniale e in generale alla loro storia finanziaria.
Indicativamente per valutare la qualità e la solidità di una banca, possono essere osservati questi sei voci di bilancio, espresse come il risultato di un rapporto tra le sue variabili finanziarie.
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La normativa bancaria non pone limiti particolari alle forme nelle quali può essere impiegato il denaro raccolto. Tuttavia essa ha l’obbligo di rispettare, durante tutto l’arco di svolgimento della sua attività, diversi requisiti patrimoniali. Questi requisiti pongono indirettamente dei limiti alla tipologia di investimenti e alla concessione di crediti che la banca è legittimata a elargire. Questo per garantire lo standard di qualità necessario per poter sempre ottemperare alle necessita della clientela.
Attualmente la verifica dei requisiti viene effettuata per mezzo di un approccio orientato alla prevenzione del rischio, effettuato mediante una continua valutazione che prende in considerazione le stime sulle perdite attese e non come in passato, sulle perdite registrate.
Il parametro più osservato per valutare e classificare la solidità di un istituto di credito, nonché anche quello con il quale viene spesso valutato il suo valore sul mercato azionario e obbligazionario, è il CET1. Il Common Tier Equity descrive il rapporto percentuale tra capitale a disposizione della banca e le sue attività ponderate per il rischio, come crediti deteriorati e inadempienze finanziarie.
Dal punto di vista operativo, possiamo affermare che maggiore è il valore assunto da questo parametro, maggiore potrà essere il valore delle sue quotazioni e il minore il rendimento delle sue obbligazioni. Il valore viene espresso in percentuale e deve essere superiore all’8%, che può scendere al 7% per le banche associate a gruppi bancari. Esso si riferisce nello specifico al patrimonio di vigilanza. Esso può essere definito anche come il coefficiente di solvibilità che le banche devono costantemente mantenere.
Il patrimonio di vigilanza è il punto di riferimento per le valutazioni fatte dalla Banca d’Italia ai fini di verificare la stabilità delle banche. Questo valore è infatti rappresentativo dei rischi connessi all’attività bancaria.
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La crisi di una banca non si verifica solo quando essa si trova, per motivi finanziari, nell’impossibilità di adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni, ma anche quando sono state commesse violazioni di norme tali da creare gravi pregiudizi in seno all’opinione pubblica e alla clientela.
Sebbene le irregolarità nella sua amministrazione possano non pregiudicarne direttamente lo stato patrimoniale e la sua solvibilità, questo stato di cose può determinare pregiudizi nella sua capacita di tutelare il risparmio, determinando nei clienti una perdita di fiducia tale da creare un allarme tra i clienti e dando luogo a una corsa agli sportelli.
Per evitare questa evenienza sono stati creati degli strumenti per arginare e prevenire le crisi dovute alla perdita di fiducia nei correntisti, anche per evitare che il fallimento di una banca possa coinvolgere altri istituti, i quali solitamente operano sul mercato entrando in rapporti economici reciproci, causando una crisi generalizzata del sistema bancario, che determinando un temporaneo blocco del credito può mettere in crisi l’intero sistema economico.
È per questo motivo che le banche che non rispettano più i requisiti di professionalità e onorabilità, oltre che quelli finanziari, vengono sottratti dalla procedura fallimentare assoggettandoli alla liquidazione dell’amministrazione. Questo stato di amministrazione straordinaria dispone lo scioglimento degli organi con funzioni di amministrazione e di controllo, così che la banca possa essere gestita da autorità indipendenti con l’obbiettivo di ripristinare la sua autorevolezza e solvibilità, garantendo allo stesso tempo la continuità del servizio.
Fino al 2015 il salvataggio e il prezzo per la gestione di una crisi era a carico del sistema economico e finanziario del paese e veniva assorbito per mezzo degli aiuti statali. Questa procedura ormai divenuta una prassi rischiava di lasciare campo aperto ai fenomeni speculativi, tramite i quali venivano privatizzati i guadagni e socializzate le perdite.
Per questo motivo è stato introdotto lo strumento del bail in, grazie al quale il prezzo della crisi ricade sui soggetti interni alle banche, secondo una gerarchia che procede da chi ha investito in strumenti più rischiosi per passare a chi detiene titoli come obbligazioni e altre passività, fino a chi ha un capitale superiore ai 100.000 euro. Vengono esclusi i depositi al dettaglio superiori ai 100.000 euro, se il bail in è già stato applicato su almeno 8% del capitale sui conti correnti e valori interessati dalla procedura secondo la gerarchia. Il tutto al fine di riuscire a coprire le perdite e ripristinare un’adeguata fiducia da parte dell’opinione pubblica e del mercato.
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