I capi di Stato e di governo dell’Unione europea si preparano a un ultimatum alla Russia prima di muoversi con ulteriori sanzioni.
A questo fine saranno varate soluzioni a livello comunitario per fare fronte agli aumenti del costo dell’energia per imprese e famiglie. L’approccio interventista del programma prevede di impostare un tetto al prezzo del gas. In questo senso ci possono essere diverse obbiezioni sull’efficacia dell’intervento.
Fissando il tetto a 180 euro per MWh con un prezzo di mercato a 200 euro, i produttori di energia saranno incentivati a vendere fuori dall’Unione Europea. Se invece si decide di compensare la differenza tra il tetto massimo e il prezzo di mercato, c’è il rischio di disincentivare gli investimenti sulle rinnovabili nonché in parte anche la speculazione. Una delle più importanti proposte che farà oggi la Commissione sono acquisti concordati a livello comunitario di gas, gas naturale liquefatto e idrogeno. È una svolta per la concretizzazione a livello di sicurezza energetica dell’eurozona. In questo scenario l’UE si propone come uno Stato unitario, sebbene con le sue differenze di vedute, riesce a operare con una strategia comune.
Al momento la Commissione ha proposto di ridurre la dipendenza energetica dalla Russia, attualmente pari al 45% del gas e 27% del greggio, di due terzi tra marzo e dicembre 2022. Se questo non sembra sufficiente per risolvere il problema sul breve termine, l’alternativa è quella del gas liquefatto dal Golfo Persico e dal Nord America, espandendo il più possibile l’importazione di gas naturale algerino, che richiede però nuove infrastrutture.
L’Unione Europea sempre più vicina a una federazione
Usare il margine di manovra dell’EU per la politica energetica ricalca le dinamiche degli acquisti comunitari dei vaccini per far fronte alla crisi sanitaria. L’EU può usare a suo vantaggio le dimensioni di un mercato che funziona in modo sinergico per negoziare i prezzi delle merci e dell’energia. La Commissione intende creare un gruppo speciale di lavoro per cooperare ed evitare forse per la prima volta la concorrenza tra stati membri sulla fornitura di gas dal mercato globale. Dall’inizio della guerra il 24 febbraio, gli stati membri dell’EU hanno versato quasi cinque miliardi di euro nelle casse russe per gas, 3,5 miliardi circa per il petrolio e 500 milioni per il carbone. Il finanziando indiretto alla guerra di Putin non può essere sostenuto a lungo.
La Commissione promette rapidità sulla richiesta di adesione dell’Ucraina all’Unione Europea, presentata da Zelensky quattro giorni dopo l’inizio del conflitto. Fin ora i capi di stato e di governo dell’Europa occidentale si sono lanciati in difficili esercizi di equilibrismo retorico evitando di prendere una posizione difficile soprattutto per le conseguenze belliche.
Da un lato è necessario dare tutto l’appoggio possibile all’Ucraina senza un intervento diretto della Nato, riconoscimento il Paese, nonché Moldavia e Georgia come stati candidati all’adesione all’Unione. Dall’altro lato, l’Europa ha bisogno rafforzare la coesione della strategia in campo energetico, militare e politico.
L’Unione Europea cambia le regole della sua finanza
Anche l’Unione europea ha risposto all’invasione finanziando la risposta bellica Ucraina. Le armi sono finanziate da un fondo intergovernativo, per un valore di 450 milioni di euro. Oltre a questo, le sanzioni occidentali stanno avendo un effetto devastante sull’economia russa. Date le ingenti spese pubbliche necessarie agli Stati membri per compensare gli squilibri economici e garantire la tenuta dello Stato sociale, è possibile che si andrà verso l’unificazione del debito europeo.
Per Gentiloni, la domanda sui nuovi strumenti di debito è legittima. Il commissario all’Economia Gentiloni ha assicurato ieri che la ripresa nell’EU proseguirà solo se le politiche monetarie e fiscali rimarranno complementari e se rimarremo capaci di adeguarci in base alle necessità. La Francia è favorevole a un nuovo debito condiviso, mentre Germania e gli altri Stati più ricchi del blocco sono contrari. Per finanziare le spese potrà essere impiegato ancora il fondo del Next Generation EU in gran parte inutilizzato.
Ci saranno modifiche alle regole del Patto di stabilità e crescita e forse nuovi strumenti europei di debito per rispondere all’attuale situazione. Il Patto è stato sospeso all’inizio della pandemia nel 2020 permettendo di finanziarie le manovre per fronteggiare le ricadute economiche del Covid 19. Le norme di bilancio dovevano essere reintegrate nel 2023, ma la guerra in Ucraina, le sanzioni alla Russia hanno portato Bruxelles a riconsiderarne la scadenza. Difesa, energia, finanza si aggiungono agli investimenti della transizione verde che da soli valgono 520 miliardi di euro l’anno.
L’Unione Europea cambia le regole e comincia l’economia di guerra
In ambito europeo fuori dall’eurozona anche il governo di Dublino destina i suoi incentivi e investimenti per affrontare la penuria di materie prime. L’Irlanda ieri ha lanciato un programma per affrontare il rischio alimentare causato dalla guerra. A questo proposito il governo di Dublino fornirà un aiuto di 400 euro a ettaro agli agricoltori che coltiveranno cereali come orzo, grano e avena. L’obiettivo è sviluppare colture autoctone che necessitino meno di fertilizzanti chimici, e sostenga al contempo la produzione di mais, barbabietola da foraggio e colture proteiche come piselli e fagioli.
Durante la seconda guerra mondiale, l’Irlanda aveva introdotto un programma di aratura obbligatoria, che è rimasto nella memoria collettiva come una delle politiche più controverse della fine della seconda guerra mondiale. Se negli anni ‘40 il governo minacciò di nazionalizzare le terre non coltivate questa volta il programma è volontario. Il governo spera di aumentare di 25 mila ettari la produzione di cereali e di quattro mila ettari quella delle colture ricche di proteine.