L’Unione europea non ha agito fin ora senza considerare la possibilità di recuperare una buona parte dei benefici economici elargiti in modo diretto o indiretto. Una delle possibilità è una patrimoniale a livello comunitario.
I fondi approntati fin dai primi mesi del 2021 non siano che prestiti da ripagare con tasse che vengono gestite dai governi nazionali.
L’Unione europea per trovare i soldi vuole tassare ciò che rientra nelle sue competenze. Al momento stando ai Trattati, non può farlo, perché il fisco è una prerogativa dei singoli Stati. Il Next Generation EU, meglio noto in Italia con il nome di Fondo per la ripresa, è un fondo dal valore di 750 miliardi di euro approvato nel luglio del 2020.
Per reperire il capitale l’Unione europea si è indebitata per la prima volta sui mercati. Una parte del debito pari a 385 miliardi di euro dipende dai prestiti fatti agli Stati membri mentre i restanti 338 miliardi sono sovvenzioni a fondo perduto. Sono questi in particolare che la Commissione Ue dovrà riuscire a fare rientrare.
Le norme che lo hanno costituito prevedono anche che il Consiglio dei ministri Ue può aumentare le risorse a propria disposizione, se ciò è necessario al «buon funzionamento del mercato unico o per raggiungere obiettivi ambientali».
Ue e prestiti agli Stati: patrimoniale e tasse a livello comunitario per recuperarli
Le nuove risorse finanziarie possono essere ottenute così attraverso l’introduzione di tasse che non esistono a livello nazionale. Per quanto riguarda il nostro Paese nel mirino, potrebbero finire gli oltre 10 mila miliardi di euro di risparmi degli italiani, tra case, titoli e conti correnti.
È così che l’Unione europea può cominciare a comportarsi come uno Stato nazionale tassando uno degli elementi più simili e comuni a tutti i paesi membri: il patrimonio. Il potenziale delle entrate è enorme, fino al 10,8% del Pil europeo, pari a 1560 miliardi di euro. La misura coinvolgerebbe una percentuale esigua delle famiglie in un range compreso tra 1 e il 5%. I contribuenti dovrebbero pagare lo 0,3% annuo del proprio patrimonio, una tassa europea che si aggiungerebbe a quelle patrimoniali nazionali, da noi sotto forma imposta di bollo, l’IMU, le ipotecarie.
Dopo essersi indebitata, UE rischia di non riuscire a far fronte ai suoi impegni
La Commissione per i bilanci del Parlamento Ue, organo che prepara i testi di legge, ha formulato uno schema per ripagare questo debito attraverso gli Stati membri. Se le modalità devono ancora essere decise è anche vero che il piano prevede di ricavare 17 miliardi di euro all’anno da nuove imposte. Al momento si tratta soltanto di una bozza e in ogni caso i tempi non saranno brevi: l’emendamento al bilancio comunitario, una volta scritto, dovrà essere approvato dagli eurodeputati e dal Consiglio dei ministri Ue all’unanimità. Tra le altre ipotesi al vaglio un prelievo una tantum sulle ricchezze finanziarie. Tra queste rientrano i risparmi detenuti sui conti correnti, nei fondi pensione e in quelli assicurativi.
Insomma, dopo essersi indebitata, la Commissione rischia di non riuscire a far fronte ai suoi impegni. Al tempo stesso serviranno altre risorse per la transizione ecologica e per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici. Tutto fa pensare quindi a un futuro in cui per necessitò l’Unione europea dovrà trarre queste risorse dai patrimoni individuali.