Le case automobilistiche non avrebbero preso decisioni di conversione dei propri modelli senza la spinta delle legislazioni negli Stati Uniti e soprattutto in Ue.
Non conviene rinunciare a un business mettendo a repentaglio la produzione per immettere sul mercato auto che non sono competitive in termini di prestazioni e costi.
Per le cause automobilistiche la transizione verde avrà un impatto marginale sulla crescita dei ricavi, ne danneggerà invece i margini di profitto nel breve periodo. C’è qualcuno che guadagna dal crescente trend dei veicoli elettrici? La risposta che sembrava scontata si rifà invece alle aziende che nell’indotto sono le più esposte al profitto; quelle di componentistica elettrica.
Questo decennio vedrà la diffusione a livello globale delle auto elettriche e a basse emissioni di Co2. La tendenza farà il paio con il perseguimento degli obbiettivi di decarbonizzazione voluti dai grandi protagonisti economici del nostro tempo Italia compresa. Avremo così una rapida diffusione dei VE che rappresenteranno nel 2030 il 30% del totale delle autovetture vendute a livello globale.
Persino i Suv associati solitamente a veicoli superflui anche in termini di maggiore inquinamento stanno passando all’elettrico. Il primo ad arrivare in Italia è quello della Smart. Il SUV Smart arriva nel nostro Paese, forte di uno stile originale e di contenuti premium. È stato commercializzato da poco più di un mese e abbina il marchio agli ampi contenuti tecnologici della gamma.
A partire dal 2019 smart si è completamente convertita all’elettrico ha prodotto un SUV venduto a partire 40.650 euro esclusa IVA, immatricolazione e messa su strada esclusa. Per tutte e tre le versioni, la potenza massima di ricarica in corrente continua è di 150 kW, per ricaricare dal 10 all’80% occorrono meno di 30 minuti.
La crescente regolamentazione sui livelli di inquinamento dell’aria fa intuire la graduale obsolescenza dei veicoli a benzina o a combustione interna. Per questa il segmento dovrà diffondere e innovare sistemi di alimentazione alternativi come quello a batteria. È per questo in particolare che volendo investire nel settore si può puntare sulle azioni di aziende coinvolte nell’industria della componentistica.
In questa fase, infatti, le case automobilistiche stanno semplicemente sostituendo parte della produzione di veicoli a combustione con quelle di auto a batteria. Un effetto che non aumenta significativamente i margini di profitto considerando oltre un mercato spinto artificialmente il costo delle spese di sviluppo, delle forniture di batterie al litio, e i bassi volumi di produzione che non permettono un vantaggio dall’economia di scala.
Al contrario, gli investitori possono avvantaggiarsi dall’industria della componentistica che secondo gli analisti degli analisti avrà un progresso medio del fatturato compreso tra il 3% e il 6%; superiore a quello dei produttori di auto, che dovrebbero attestarsi entro il 3%.
Tra le società più esposte quotate in borsa ci sono ad esempio BorgWarner e Vitesco. Queste società presentano una maggiore esposizione alla transizione verso i veicoli elettrici rispetto alla media e hanno attualmente una buona posizione di vantaggio competitivo. Le aspettative per le aziende della componentistica sono quindi rosei ma si sconteranno sul fatturato e sui margini di profitto in maniera progressiva e crescente.
La produzione di componenti per i veicoli elettrificati necessita di investimenti iniziali elevati in ricerca e sviluppo e quindi tempi di attesa lunghi prima che gli investimenti si traducano in liquidità di cassa. Anche per questa branca del settore i maggiori introiti si vedranno quando la diffusione dell’auto e dei mezzi elettrici raggiungeranno la massa critica.
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