Nell’agosto del 2022 l’euro è sceso sotto la parità con il dollaro statunitense. Ma quali sono le ragioni della debolezza?
Mentre l’invasione dell’Ucraina pesa sui conti dell’Unione europea il denaro fluisce verso le valute dove si possono ottenere i tassi di interesse più elevati.
Il vantaggio del tasso di interesse del dollaro americano nei confronti dell’euro è aumentato dalla maggiore dipendenza del continente dall’energia russa. Il dollaro ha in oltre una lunga storia come bene rifugio diventando l’asset preferito nell’attuale deprezzamento dei mercati finanziari. La banca centrale statunitense (Fed) ha iniziato ad alzare i tassi di interesse molto prima della BCE. Questo ha aumentato il vantaggio del dollaro con gli Stati Uniti che di fatto erano la nazione meno compromessa dal punto di vista del rischio geopolitico.
Se mettiamo a paragone l’euro rispetto alle valute del G10, la moneta unica si è collocata all’incirca a metà rispetto alle variazioni del valore di tutte le altre dall’inizio dell’anno. In agosto, l’euro si è addirittura piazzato al secondo posto dopo il dollaro USA come valuta più forte del G10.
Tra le valute che hanno avuto performance peggiori dell’euro, sicuramente la sterlina britannica e la corona svedese ma anche le valute come lo yen giapponese che non ha alzato i tassi di interesse e quelle legate alle commodity come il dollaro australiano.
Nelle prossime settimane non sembrano esserci elementi che facciano pensare a un’inversione di tendenza. L’euro continua a indebolirsi nonostante la BCE ha alzato i tassi d’interesse dello 0,75% dopo lo 0,50% annunciato a giugno. Ora il costo del denaro nell’Eurozona risulta in aumento dell’1,25%.
Sebbene attualmente il cambio EUR/USD si attesti circa l’11% al di sotto della sua media quinquennale, le implicazioni per l’Europa sembrano avere essere per il momento di impatto minimo in relazione alle prospettive economiche del continente. Per l’Ue l’apprezzamento relativo del dollaro da un lato comporta un aumento del costo delle importazioni statunitensi e una crescita dell’inflazione, dall’altro migliora la competitività dei prodotti esportati verso gli Stati Uniti.
Il rischio energetico è oggi il fattore più importante da tenere in considerazione per un possibile deprezzamento dell’Eur/Usd fino 0,9. Il secondo rischio in ordine di importanza un ampliamento degli spread dovuto a una crisi del debito tra i Paesi membri. Infine, se l’economia USA non darà altri segnali di cedimento, i tassi di interesse del Paese si porteranno probabilmente al 4% entro pochi mesi. Questo è il terzo fattore in grado di aumentare le distanze nel cambio con l’euro che andrà nettamente sotto la parità con il dollaro.
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