Un trading senza studio potrebbe rivelarsi un trading fallibile: dobbiamo affidarci all’AI? Quali sono i risvolti di questi scenari
Nel mondo del trading moderno, l’intelligenza artificiale (AI) sta rivoluzionando il modo in cui prendiamo decisioni finanziarie. La democratizzazione del trading è partita già dai fenomeni social, che previo pagamento, permettevano di suggerire strategie a un pubblico che di economia sapeva nulla. Pian piano, gli strumenti AI si sono sempre più perfezionati, eliminando la dipendenza da questi guru e permettendo a tutti di applicarsi al trading seguendo i consigli automatizzati di algoritmi sofisticati. Una soluzione? Ovviamente no.
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Nessuno può raggiungere buoni livelli di guadagno senza lo studio e la consapevolezza dell’importanza dell’utilizzo di tecniche raffinate. Sempre più investitori però delegano le scelte complesse e le analisi che impiegherebbero molto tempo, agli algoritmi, sperando in performance migliori e in una gestione del rischio più efficace. Tuttavia, cresce sempre di più il rischio che questa accelerazione sulla dipendenza da AI possa farci operare “alla cieca”, senza una piena comprensione di come e perché vengano prese certe decisioni.
In altre parole, mentre ci affidiamo all’AI per far lavorare i nostri soldi, spesso non riusciamo a capire esattamente cosa stia accadendo dietro le quinte. Tutto ciò, a lungo andare, creerebbe dei vuoti di consapevolezza e conoscenza, che da una parte potrebbero far impazzire il mercato, e dall’altra potrebbero portare gli investitori ad agire in modo affrettato senza studiare. Esploriamo questo fenomeno attraverso tre lenti: economia, ingegneria e scienze comportamentali.
Economia: razionalità limitata e asimmetrie informative
Dal punto di vista economico, il trading basato sull’AI introduce un interessante rapporto tra investitore e algoritmo, noto come relazione principale-agente. Immaginate di affidare la gestione del vostro denaro a un esperto, senza poter osservare direttamente ogni sua mossa: vi sentireste al sicuro, ma anche un po’ spaesati, vero? In questo scenario, l’investitore (il principale) delega decisioni complesse all’AI (l’agente).
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Il problema sorge quando non possiamo monitorare come l’AI prenda le decisioni, soprattutto se si tratta di modelli “black box”, nel senso che nascondano le loro logiche interne senza sviscerare i ragionamenti che li hanno portati a fare quelle scelte specifiche.
Tutto ciò provoca una riduzione dell’accountability, incentivando anche una fiducia eccessiva, con rischi di overfitting o bias nei dati, velocizzando i processi ma aumentando i rischi. A livello economico si avvertirà un divario informativo: l’AI avrà più conoscenza dell’utente medio e quindi creerà un’asimmetria che porta di riflesso l’investitore a credere e affidarsi più all’AI che al suo istinto, tendendo a effetti gregge che in passato hanno comportato bolle speculative ed eventi estremi con il Flash Crash del 2010.
Ingegneria: la sfida dell’opacità e della fiducia
Dal punto di vista ingegneristico, molti algoritmi di trading si basano su modelli complessi, come le reti neurali profonde, che dovete immaginare come delle vere e proprie “scatole nere”. Anche per gli esperti risulta difficile capire esattamente come questi modelli arrivino a determinate conclusioni, non è un problema legato solo al trader medio.
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Sono AI generative in quanto ‘generano’ pensiero attraverso la logica del linguaggio, e quindi risulta poco comprensibile tutto il processo fatto (motivo per il quale spesso le AI generano allucinazioni). Il risultato può essere efficace, ma vi rimane sempre un senso di incertezza. Questa mancanza di trasparenza rende difficile per gli investitori, ma anche per gli ingegneri esperti, valutare se la logica alla base delle decisioni sia solida o se ci siano rischi nascosti, come attacchi adversariali o sensibilità a dati spurii.
Inoltre, gli algoritmi possono creare dei loop di feedback sistemici, amplificando certi pattern di mercato in maniera incontrollata, proprio come se un megafono moltiplicasse un segnale debole fino a renderlo accessibile a sempre più utenti: di riflesso diventerebbe ‘importante’. Se tali dinamiche non vengono comprese, gli investitori rischiano di diventare semplici spettatori passivi.
Scienze Comportamentali: l’illusione di Competenza
Sul fronte delle scienze comportamentali, l’automazione tende a ridurre lo sforzo cognitivo degli investitori. Così come sta facendo la tecnologia e il suo sviluppo, le persone sono indotte a pensare sempre di meno e si affidano ai ragionamenti del tech.
Ciò rispecchia quel che è avvenuto con i navigatori: un tempo si conoscevano i nomi delle strade, si ricordavano le cartine stradali a memoria; ad oggi non è più così, la maggior parte delle persone viaggia sempre con lo smartphone in mano, affidandosi al navigatore.
Finché il sistema funziona, va tutto bene, ma quando si verifica un imprevisto? La mancanza di conoscenza diventa un ostacolo. Questa tendenza porta a una “overconfidence algoritmica”, ovvero a una fiducia eccessiva nell’AI, che può far sottovalutare scenari non previsti dai modelli, come crisi sistemiche o eventi a coda lunga.
Mitigazioni e prospettive future del trading con AI
Nonostante questi rischi, esistono anche soluzioni e strategie per mitigare l’opacità e l’eccessiva dipendenza dall’AI. Strumenti come l’Explainable AI (XAI) cercano di rendere più trasparente il funzionamento degli algoritmi, anche se al momento funzionano meglio con modelli meno complessi.
Inoltre, l’educazione finanziaria adattiva, integrata nella maggior parte delle piattaforme di trading, potrebbe fornire spiegazioni in tempo reale delle decisioni automatizzate, aiutando gli investitori a imparare dalle scelte dell’AI, in questo senso ’studiando’ quali potrebbero essere le mosse future, cercando di non dipendere totalmente dal tech.
Anche la regolamentazione ha un ruolo fondamentale: requisiti di trasparenza, come quelli imposti da MiFID II nell’UE, potrebbero infatti obbligare le piattaforme a sottoporre gli algoritmi a report periodici e comprensibili agli utenti, che vadano a spiegare i ragionamenti fatti per strutturare le strategie. Tuttavia, questo approccio può comportare costi elevati e rallentare l’innovazione.
Guardando al futuro, il mercato potrebbe dividersi in due categorie: da un lato, l’élite tecnica, costituita da chi progetta e controlla gli algoritmi, che godrà di vantaggi informativi significativi; dall’altro, la massa passiva, composta da utenti che accettano l’opacità in cambio di convenienza, ma che ovviamente resteranno sempre esposti a rischi sistemici. La sfida del futuro sarà trovare un equilibrio: un approccio ibrido che combini algoritmi interpretabili, ad un’educazione finanziaria mirata.