Cerchiamo di capire perché non è legittimo applicare decurtazioni sullo stipendio con lo smart working, la legge italiana parla chiaro.
Se vi state chiedendo se la Legge italiana giustifichi una riduzione dello stipendio legata allo smart working, la risposta è ‘no’. In generale la normativa stabilisce che il lavoratore da remoto ha diritto allo stesso trattamento economico (e normativo) dei colleghi che svolgono le stesse mansioni in sede. La retribuzione di un dipendente non potrà mai essere abbassata per via dello smart working e in alcuni casi specifici ci si potrà difendere, impugnando la decisione del datore di lavoro. Ad esempio con una modifica unilaterale del contratto.
L’azienda non potrà infatti modificare unilateralmente quelli che sono gli elementi essenziali del contratto di lavoro solo perché un dipendente si trova in smart working. E quindi: il livello, le mansioni, l’inquadramento e, ovviamente, la retribuzione. Non solo, perché il lavoratore agile deve poter accedere alle stesse opportunità di crescita professionale, formazione, bonus e welfare aziendale degli altri colleghi. Nell’eventualità in cui dovesse concretizzarsi una decurtazione del salario allora ci si troverebbe di fronte a una forma di discriminazione.
Oltre alla questione stipendio, emergono altri interrogativi riguardanti il lavoratore in smart working, come per esempio il rimborso spese. Il dipendente che lavora da remoto, infatti, va incontro a costi non indifferenti, che possono riguardare la connessione internet, l’elettricità o la cancelleria. Non tutti lo sanno ma si può chiedere una restituzione di parte delle somme sborsate, tramite un rimborso analitico oppure tramite un rimborso forfettario. Due soluzioni che possono essere applicate seguendo delle regole ben precise.
Il primo riguarda quelle somme legate a giustificativi e calcoli precisi, il rimborso in questo caso può essere escluso dal reddito imponibile, a patto che le spese corrispondano a un risparmio di costi aziendali specifici e che, soprattutto, siano documentate. Il secondo è essenzialmente una cifra fissa, per cui l’esclusione dalla base imponibile risulta più complessa e, inoltre, richiede la definizione di un criterio per determinare la quota di spesa riconducibile all’interesse del datore di lavoro. Come regola generale, è bene ricordare che tutti i rimborsi devono essere gestiti in modo trasparente e documentato, per evitare problemi fiscali.
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