Si è certi che è sempre meglio una dura verità rispetto una dolce bugia? I sindacati rivelano l’impensabile sul TFS, dalle cifre agli aspetti nascosti, bisogna agire per tempo.
Il Trattamento di Fine Servizio, indicato con la sigla TFS, potrebbe sembrare ciò che c’è di più naturale alla fine di ogni rapporto di lavoro che si rispetti, peccato al vaglio si presentino delle criticità non da poco. La questione è complicata da aspetti che soltanto in questo momento sono stati resi noti. I sindacati si battono per i diritti dei lavoratori, ma alcune verità sono davvero difficili da digerire senza subire amare conseguenze. Diritti per i cittadini, e lotta per i propri interessi, sono i costi a spaventare.
Costi, interessi, diritti, si sta praticamente facendo l’elenco di tutto ciò che attanaglia le battaglie dei sindacati per i lavoratori di oggi. Traendo un breve quadro, si evidenziano criticità anche laddove non dovrebbero esserci. Per intenderci, se già il termine di un rapporto di lavoro, si spera in vista di nuove occasioni, potrebbe essere un “duro colpo” da mandare giù, non si può non tenere conto che davanti ad un certo trattamento si esauriscono condizioni che spaventano.
Ad oggi, si richiede semplicemente di lavorare, ma niente nel mondo contemporaneo è scontato. Anche l’azione dei sindacati è diretta a migliorare le condizioni dei lavoratori. Il problema però subentra nel momento in cui ci sono delle cifre insostenibili. Cosa devono pagare i lavoratori? È qui che casca l’asino!
Se non si lavora più, come si fa a pagare costi extra con tanto di interesse? Un brivido, ma è la pura realtà. Analizzare casistiche concrete permette di comprendere la vicenda, specialmente per trarne delle condizioni di beneficio. Interviene anche la BCE, sigla indicante la Banca Centrale Europea, questione che pare raggiungere dei livelli sempre più importanti di criticità. Migliorie nel prossimo inverno?
La questione è la seguente, i lavoratori devono sostenere dei costi esorbitanti anche nel TFS. Si tratta di coloro i quali nel concreto, chiedono un anticipo del Trattamento di Fine Servizio, ma guai, perché sono costretti a pagare con gli interessi. Appunto, interessi che spaventano per rasentano le cifre della follia! Si parte da 400 euro per un anticipo di circa 10 mila euro, per poi passare a 600 euro su 15 mila euro, e ancora 2 mila euro prima dei 45 mila euro.
Chi è intervenuto? Come già accennato la Banca Centrale Europea si è resa conto del problema dal sapore “tutto italiano”, ed è intervenuta realizzando dei tagli sul costo del denaro. Azione che in un primo momento ha come effetto la diminuzione dei tassi dei mutui, ma che già alla fine del prossimo inverno, potrà esaudire i desideri di chi richiede l’anticipo del TFS. Pagare sì, ma a costi accettabili!
La questione verte attorno il Tasso di interesse in relazione agli anticipi versati ai dipendenti pubblici. Questa variabile economica viene calcolata dalla banche sommando uno spread, cioè un gap differenziale dello 0,40% al rendimento medio determinato su un paniere di titoli di Stato, il quale negli ultimi anni, due circa, è andato oltre il 4% solo a fine 2023.
Questo incremento deprime le richieste di anticipo del TFS, e di conseguenza si spera che le nuove manovre di salvataggio della BCE riducano il costo degli interessi. Qual è il problema principale? Sempre lo stesso. Se l’inflazione non diminuisce i suoi effetti, o comunque si stabilizza, non si può sperare in variazioni positive per i cittadini.
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