La calma è la virtù dei forti anche in tema lavoro, e se il TFR potenzia la busta paga è chiaro che ci sono dei tasselli “poco lucidi” dato che la questione desta contestazione. Bisogna capire chi ottiene il vantaggio e può massimizzarlo, e cosa devono fare gli altri.
Richiedere il TFR in busta paga, conviene o no? È il tema più gettonato del momento da parte di consulenti del lavoro e non solo. Cos’è che complica la questione? Come vive la situazione la stessa impresa di riferimento? Le parole sono accese, il dibattito costante riguarda al rispetto delle regole in gioco, e di come gestire al meglio le dinamiche del sistema in parte fallimentare in Italia. Cosa c’è che non va? analisi dettagliata, passo passo.
Ci sono dei termini per richiedere il TFR in busta paga? L’intervento può avvenire adesso, come tra un mese o un anno. L’importante è che ognuno si renda conto, con gli elementi che possiede, se conviene o meno. È comunque una scelta ponderata. Oltre al fatto che non è favorevole per tutti, ha i suoi vincoli: una volta proposto, non si può tornare più indietro.
Le regole fisse hanno carattere governativo, e servono per portare il TFR in busta per un periodo lungo-medio, in modo da ricavarne i migliori benefici, per chi può. Le restrizioni non finiscono qui, dal momento in cui lo possono richiedere solo i dipendenti di aziende private, no pubblici, ma anche nel suddetto settore, ci sono dei limiti. Non possono richiederlo chi fa parte dell’ambito domestico ed agricolo, ed anche le aziende con procedure concorsuali e di cassa integrazione.
Quindi, c’è chi può e chi no, oltretutto. Ma qual è il costo in termini di liquidità?
La liquidazione è la somma che spetta al lavoratore nel momento in cui termina il rapporto di lavoro con l’azienda. Come già detto, deve essere privata, ed attenente a certi ambiti, poiché alcuni ne sono nettamente esclusi. Fondamentale, è stato l’accantonamento del TFR sul Fondo Pensionistico Integrativo, un ulteriore intervento che sospende il versamento della quota maturata mensilmente del TFR, per cui la quota aggiuntiva come la contribuzione volontaria ad esempio, continua ad essere versata. Nello specifico quella in questione può essere erogata in busta paga. Ma è proprio sul tema aliquote che verte l’analisi in questione.
Si cerca di capire che tipo di aliquota viene applicata al TFR, e se conviene richiederla prima, o al termine del rapporto di lavoro. È questo il tassello che permette ci comprendere chi deve richiederla prima o meno. Il TFR è un’attribuzione che fino a poco tempo fa doveva essere erogata solo alla fine del rapporto con una tassazione a sé stante. Ma di recente c’è anche questa opportunità, di avere un pagamento mensile del TFR in busta paga, che comporta attitudine ordinaria e di conseguenza produce una tassazione ordinaria.
Si aggiunge alla retribuzione normalmente percepita, ed è tassata con l’aliquota corrispondente. Quindi, è ovvio che più un soggetto prende, più sono le trattenute. Nel caso di chi ha un reddito basso, come un part-time, conta poco questa condizione. In caso contrario è chi ha un ISEE annuo che va oltre i 15 mila euro, che ci sono aliquote più alte. Allora, la quota di TFR può essere tassata ancora di più rispetto alla scelta di prenderlo a fine rapporto di lavoro.
Nel caso in cui si usufruisse di un bonus? In questo caso non c’è alcuna influenza sul reddito, rimane pressoché invariato, e così la stessa tassazione sul TFR. Perché la quota di TFR erogata in busta paga non entra a far parte dell’imponibile su cui si calcola il bonus, e non cambia nemmeno l’imponibile previdenziale. Vuol dire che i contributi che il lavoratore versa sono calcolati in base al suo reddito in percentuale, ma se si prende la quota del TFR in busta paga, seppur il reddito aumenta, non varia a fini dei contributi.
I contributi previdenziali non influiscono nella quota del TFR, né per il lavoratore né per il datore. Attenzione però, il dipendente deve comunque controllare l’IRPEF. Tenendo conto che aumentando il reddito corrente, anche di poco, comunque va ad aumentare una serie di parametri per altri aspetti, come gli stessi assegni familiari o detrazioni per figli a carico, ad esempio.
Quindi, quando si sceglie sul TFR, bisogna considerare anche questi aspetti, a chi conviene o meno. Stessa cosa per i parametri ISEE che permettono di ottenere dei benefici. Avere la quota del TFR in busta paga prima, potrebbe nuocere al lavoratore per un vantaggio che è solo immediato, ma che sul lungo periodo non lo è.
In sostanza, il lavoratore deve valutare tutto questo, quindi ha maggior potere. Differentemente dall’azienda di riferimento che non può rinunciare a pagare il TFR.
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