Alta tensione in Polonia, i caccia italiani più volte impegnati nelle attività a difesa dello spazio aereo dell’alleanza atlantica.
L’aviazione italiana assiste la Nato nel far fronte ai velivoli russi.
Il livello di apprensione è palpabile, percepibile finanche dai radar. Negli ultimi 60 giorni velivoli militari hanno preso il volo all’incirca 16 volte per segnali di pericolo causati dalla penetrazione di aerei non identificati che non davano risposta alle trasmissioni radio.
Solitamente gli episodi hanno visto come protagonisti mezzi portanti la bandiera russa.
Uno degli eventi più clamorosi ha avuto luogo in questi giorni. Nella giornata di mercoledì quattro velivoli russi si sono sollevati senza alcun avviso da Kaliningrad, virando senza indugio verso le frontiere marittime di Varsavia.
Schierati con in formazione offensiva e lambendo il muro del suono a bassa quota in direzione dei territori più roventi di questi giorni: quelli dove sono stati danneggiati i due condotti del gas Nord Stream.
A questo punto sono decollati gli intercettori italiani. Neanche uno degli allarmi per buona sorte ha implicato l’ingaggio di scontri nei cieli. A raccontare i fatti, presso la base polacca di Malbork, è stato il colonnello Salvatore Florio, capitano della Task Force Air “White Eagle”.
Dalle quelle parti l’attività è in fibrillazione. In effetti un numero così alto di sconfinamenti o accostamenti da parte di aerei russi nello spazio aereo dell’alleanza atlantica, per quanto sempre indugiando su sezioni di acque internazionali, non si erano mai verificate in quelle zone in anni addietro.
Malgrado tutto, ribadisce il colonnello, vige la serenità, poiché la preparazione è di assoluto livello. Il morale dei suoi uomini è invidiabile.
L’unità è attiva quotidianamente in operazioni di “polizia aerea”. Sempre Salvatore Florio ricorda come negli ultimi 60 giorni quattro F-2000 “Typhoon” (inviati dagli Stormi dell’Aeronautica Militare 4°, 36°, 37° e 51°) son decollati su allarme almeno 16 volte, 8 di queste solamente tra il 19-25 settembre.
Si vola ogni giorno sui cieli polacchi. I velivoli prendono il volo almeno un paio di volte al giorno, si contano oltre 40 ore esecutive concrete di intercettazione, che vanno sommandosi alle 250 ore generali di volo nei cieli di Polonia o al di sopra delle acque internazionali entro il confine dello spazio aereo polacco.
Presso il complesso militare Nato a Malbork, non distante dal mar Baltico e dal lembo di terra russa e quindi da Kaliningrad, attualmente sono operativi oltre un centinaio di militari italiani e 29 polacchi. I piloti della nostra Aeronautica Militare si sono trasferiti nella base alla metà del mese di luglio. L’attività di supporto a polacchi e alleanza occidentale vera e propria ha preso agli inizi di agosto.
Il lavoro dei piloti della nostra Aviazione è “semplice”: nell’attimo in cui ha luogo una infrazione degli spazi aerei o vengono comunicati dei velivoli che non rispettano le disposizioni internazionali della navigazione, sono interpellati per prendere il volo e verificare la circostanza.
Medesimo procedimento che si attua nel nostro Paese. In Italia si tratta perlopiù di aerei civili che hanno avuto problematiche con il contatto radio, nella fattispecie polacca invece accade di riconoscere velivoli che volontariamente non mantengono i contatti radio o che in qualsiasi modo stanno compiendo delle violazioni delle norme di navigazione riconosciute su acque internazionali. Le verifiche non lasciano poi dubbi, le trasgressioni sono quasi sempre opera di aerei militari o velivoli trasportatori russi.
Il territorio in questione è ovviamente ad alto rischio, si pensi alla prossimità con il confine ucraino e all’importanza giocata in quanto ad accoglienza dei cittadini in fuga da guerra e stragi. Ed è per questo che non si contano i caccia russi attivi al di là dei confini di Kaliningrad. Le acque internazionali brulicano di velivoli militari russi, tutti operativi in azioni stimate dai rappresentanti della Nato come potenzialmente a rischio per l’alleanza occidentale.
Ai nostri caccia spetta innanzitutto riportare le indicazioni acquisite al Centro di comando e controllo, poi seguire i trasgressori verificando la loro rotta, assicurandosi che rientrino verso i loro confini. Non vi è margine di errore, professionalità e allerta sono al massimo, specie con il confine di guerra di lì a un passo.
La tensione di sicuro non manca, ma Florio, comandante della “White Eagle”, predica la calma:
Qui viviamo il clima con la serenità che dei professionisti possono avere. Sono sicuro che tutti sanno che se sono qui sono stati messi nelle condizioni di essere qui, di operare in maniera sicura e migliore possibile.
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