Secondo i dati Istat l’Italia vive un periodo particolare; mentre rimane stabile la disoccupazione, il tasso di inattività scende al 34,5% e l’occupazione aumenta per entrambi i sessi di 86 mila unità rispetto all’ultimo dato.
Molto più marcato l’aumento di giugno se confrontato con quello dello scorso anno; una differenza positiva del 1,8% per un totale di 400 mila unità.
Una nota negativa invece per quanto riguarda la classe di età compresa tra i 35 e i 49 anni con il tasso di occupazione in aumento più basso pari a 0,9 punti percentuali.
La crescita dell’occupazione registrata nel confronto trimestrale si associa alla diminuzione delle persone in cerca di lavoro che diminuiscono del 3,8%. Oltre questo diminuiscono gli inattivi dello 0,5%. La variazione dell’occupazione rivelerà nuove sorprese negli anni a venire considerato che il bacino dei potenziali lavoratori subirà una netta diminuzione.
Quanto pesa la crescita demografica su lavoro e occupazione
Alle condizioni di crescita demografica attuale tra vent’anni ci saranno circa 6,8 milioni di persone in meno. La popolazione non in età da lavoro tra i 15 e i 64 anni registrerà una robusta crescita pari a circa 3,8 milioni di persone. Ciò che emerge dalle rivelazioni della Fondazione Di Vittorio Cgil è il peso della situazione demografica sul mercato del lavoro e sul futuro andamento del dato, potenzialmente sempre più alto. Cresceranno tendenzialmente anche gli inoccupati con uno squilibrio sui salari e sulle condizioni contrattuali.
La caduta delle nascite maggiormente all’insicurezza economica e alla scarsità di interventi a sostegno della natalità, potrà diventare un nuovo punto debole impossibile da risanare se non con un piano strutturale a lungo termine che dovrebbe essere stato implementato già da ora. Ripercussioni sulla produttività, sull’assistenza e sulla previdenza si sconteranno a causa della composizione anagrafica degli occupati.
Produttività e partecipazione al lavoro; gli effetti sul Pil da prendere in considerazione
Calo dei nuovi nati e immigrazione con un basso profilo di istruzione e competenze non potranno compensare la necessità del prossimo futuro. Il dato sconcertante è che ogni anno circa 100 mila persone emigrano dall’Italia verso l’estero, anche per cercare di svolgere il lavoro per il quale si sono formati e che l’Italia non offre. Un terzo di queste persone sono giovani in età compresa tra 25 e i 34 anni e con un’alta percentuale di laureati o con titolo di studio superiore.
La popolazione italiana già da due anni ha sfondato al ribasso la soglia dei 60 milioni. Di questo passo la tendenza di circa 400 mila nascite porteranno a una popolazione che nel lungo periodo si stabilizzerà a poco più di 30 milioni. Gli effetti sul Pil sono necessariamente da prendere in considerazione; mettendo in relazione produttività, l’occupazione, la partecipazione al mercato del lavoro, tra meno di 20 anni il Pil può scendere in maniera strutturale di quasi il 7%. Cifre ben peggiori se poi si immagina invece che scenda anche la popolazione in età attiva a condizioni generali invariate nelle altre componenti, si stima un calo del Pil addirittura del 18,6%.