Il Governo socialista spagnolo si attende un gettito di 7 miliardi di euro in due anni dall’imposta sui profitti di banche e società di servizi primari.
Sembra ormai una soluzione divenuta comune quella di ripiegare sui settori che registrano margini di guadagni superiori alla norma per compensare le perdite economiche.
La soluzione spagnola sembra sulla carta lodevole, il proposito è utilizzare una parte dei proventi per finanziare borse di studio e rendere gratuiti tra settembre e dicembre i mezzi pubblici. Lenire il carovita redistribuendo i profitti può portare benessere sul breve termine solo a garanzia che il sistema economico non debba poi ritornare sui suoi passi; il sistema bancario è di fatto oggi uno dei pilastri a sostegno dell’economie moderne.
La lobby bancaria spagnola non garantisce che i profitti per le banche continueranno ad avere ampi margini. I più alti tassi di interesse limiteranno l’accesso al credito e potenzialmente anche i crediti deteriorati, limitando il gettito previsto.
Alla stregua del Governo italiano anche in Spagna la tendenza è quella di utilizzare soluzioni immediate senza considerare conseguenze più gravi dal punto di vista della futura tenuta dei conti pubblici. La spiegazione è che non esistono alternative e la crisi dell’Ue verrà scongiurata da un ulteriore distribuzione del debito con una maggiore cessione di sovranità nazionale.
Il ruolo essenziale per l’economia del comparto bancario, come per gli altri settori, si basa sulla capacità di compensare i cicli di mercato negativi con i profitti accumulati durante le fasi positive. Sovra tassare i profitti ora, senza ponderare le attuali incertezze economiche, può significare doversi farsi carico in futuro di interventi a sostegno degli stessi. Un cortocircuito che rende sempre più stringente il margine di manovra e mette in evidenza l’impossibilità di uscire da limiti strutturali con interventi limitati.
Anche in Italia è varata una legge per un’imposta straordinaria sui profitti delle società di luce e gas maturati nel semestre ottobre marzo. La misura è stata introdotta con il decreto Caro Energia a giugno; compensare il rialzo dei costi delle bollette e non deprimere i consumi potrà anche in questo caso trasformarsi in circolo vizioso.
In questo scenario preoccupa la svolta statalista impressa sull’economia; ci aspettano manovre piuttosto drastiche che difficilmente potranno prendere in considerazione i dettagli e le differenze delle decisioni pubbliche nelle economie nazionali dei Paesi dell’Ue. La pandemia, il cambiamento climatico e ora la crisi energetica presentano un impegno progressivo e coercitivo degli Stati verso una direzione comune.
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