Nessun futuro per il superbonus 110%, l’uso dei fondi è andato fuori controllo tanto che nessun partito lo propone nel suo programma elettorale.
Dopo le elezioni del prossimo 25 settembre non ci sarà futuro per il superbonus.
Il contributo sembra fuori dai programmi elettorali a causa dei costi eccessivi causati dall’incentivo a non trattare il prezzo dei lavori. La misura voluta dal governo Conte 2 nel 2020 non verrà prorogata; tuttavia, risultano stanziati fondi per lavori edilizi fino al 2026.
Dal centrodestra al centrosinistra nessuno dei partiti propone un rifinanziamento. Le dinamiche di mercato hanno causato una lievitazione dei prezzi imprevista, senza considerare vere e proprie truffe sempre presenti in assenza dell’oggettività della spesa.
Il Movimento 5 stelle, che ha voluto fortemente la misura è ancora favorevole al rifinanziamento; vuole infatti estendere la misura di almeno un anno, se non due, arrivando fino al 2025 con lo sconto completo. Tuttavia sembra inevitabile una riduzione progressiva del rimborso fino alla sua totale estinzione. L’importo del superbonus 110% rimane invariato fino alla fine del 2023 con un progressivo abbassamento dello sconto, fino a tornare in linea con l’ecobonus al 65% nel 2025.
Fondi attivi inferiori alle opere prenotate ma il superbonus si spegne gradualmente fino al 2025.
Al momento i fondi attivi per le opere prenotate risultano vicini a 40 miliardi di euro su 33,3 stanziati da qui a quattro anni. Questi numeri sono stati pubblicati da Enea aggiornati al 30 giugno 2022. Il risultato sugli investimenti per lavori conclusi e ammessi a detrazione è di oltre 24,9 miliardi di euro, una percentuale pari a circa il 70,8% sul totale.
Per i lavori già prenotati si prevedono quattro scadenze; contributo pieno al 110% per le spese sostenute nel 2023, contributo al 70% nel 2024 e al 65% nel 2025.
Il meccanismo del Superbonus prevede la possibilità di effettuare i lavori di efficientamento edilizio a costo zero per tutti i cittadini. Gli italiani che hanno investito sono numerosi, si tratta per più della metà di edifici unifamiliari per un totale di 11,9 miliardi di euro, oltreché condomini. Oggi varie imprese rischiano il fallimento per l’ammontare di migliaia di crediti che rischiano di diventare insolvibili. Considerando i tempi, lo stop alla proroga e al rifinanziamento della misura si cerca di capire quelle che possono essere le forme di saldo alternative.
Tra queste, vi sarebbe la possibilità di un periodo transitorio, fino a dicembre 2022, in cui i crediti acquistati dalle banche potranno esser compensati entro dieci anni o convertiti addirittura in BTP.