Alla luce di dati assolutamente non confortanti, l’obiettivo è ridurre il cuneo fiscale. In che modo?
In tema di stipendi e cuneo fiscale, si registra una convergenza tra sindacati e Confindustria al fine di combattere l’inflazione e consentire ai lavoratori un maggior potere d’acquisto.
Gli stipendi dei lavoratori italiani sono gravati eccezionalmente da tasse e contributi. I numeri e le percentuali indicate da Il Sole 24 Ore lo dimostrano: infatti, a fronte di 300 miliardi di salari lordi versati in media ogni anno nell’ambito privato, lo Stato incassa circa 100 miliardi di euro in contributi previdenziali e 80 miliardi di euro in Irpef. Il totale fa 180 miliardi di euro a carico dei datori di lavoro e dei lavoratori.
Si tratta di una valutazione che chiaramente mostra come il reale cuneo fiscale e contributivo sia più alto di quanto forse ci si potesse immaginare. Nel settore privato è infatti corrispondente al 60%, una percentuale comunque molto più alta del dato Ocse che si attesta nel 2021 al 46,5% (dato riferito alla retribuzione media di un lavoratore single).
Soprattutto, il grosso del cuneo fiscale è rappresentato dalle alte aliquote INPS. Infatti, come noto, l’azienda paga all’ente di previdenza il 23,81% del salario lordo del lavoratore, mentre su quest’ultimo ricade l’onere dell’8,89%. In buona sostanza il 32,7%, vale a dire un terzo della retribuzione.
Facendo un esempio pratico, con uno stipendio lordo mensile di 3mila euro, l’impresa deve versare all’Inps quasi 715 euro e il lavoratore più di 265 euro. Ecco perché in molti si stanno chiedendo come fare a ridurre il cuneo fiscale.
Peraltro da questi dati emerge che il cuneo contributivo è maggiore perché pesa per il 33% mentre il cuneo fiscale è del 26%. Non deve stupire allora che i sindacati spingano per trovare una soluzione che renda meno pesante il cuneo sugli stipendi, e ciò a maggior ragione proprio in questo periodo in cui l’inflazione è tornata a farsi sentire con forza.
Anzi la riduzione del cuneo fiscale è indicata dalle parti sociali in cima all’agenda di richieste da avanzare all’Esecutivo, al fine di rendere più corposi i salari di milioni di lavoratori.
In particolare per la CGIL la priorità è innalzare il netto in busta paga per lavoratori e pensionati, con una riduzione significativa del cuneo a tutto vantaggio dei lavoratori. Per dare una nuova ‘spinta’ agli stipendi sono auspicati anche i rinnovi dei contratti collettivi nazionali.
Proprio il Ministro dello Sviluppo Economico Giorgetti pare condividere l’orientamento dei sindacati. “L’Italia è tra i Paesi con i salari più bassi anche perché lo Stato si porta a casa una buona parte della retribuzione lorda dei lavoratori”, sono state infatti le sue parole. Lo stesso Ministro ha poi indicato nel taglio del cuneo fiscale il percorso giusto per assicurare il potere d’acquisto delle famiglie contro l’inflazione.
Onde garantire stipendi un po’ più corposi per i lavoratori, Confindustria ha presentato la sua autonoma proposta, che prevede la riduzione strutturale del cuneo fiscale-contributivo da 16 miliardi di euro. Ciò sarebbe favorevole per due terzi dei lavoratori e per un terzo delle aziende e soprattutto condurrebbe per i redditi fino a 35mila euro ad un beneficio pari a poco più di 1.200 euro.
Secondo questa proposta, i lavoratori potrebbero così contare su una ulteriore mensilità, coperta in parte dai 38 miliardi di extra gettito fiscale 2022 indicati nel Def e in parte dalla rimodulazione dell’1,6% dei circa mille miliardi di spesa pubblica.
Quanto indicato da Confindustria si fonda su considerazioni oggettive: un cuneo fiscale troppo alto ha infatti la conseguenza sia di deprimere le retribuzioni nette e, dunque, i consumi, sia di disincentivare al lavoro. Ecco perché Confindustria ha indicato la riduzione da 16 miliardi di euro all’anno, per due terzi a carico del lavoratore e per il restante terzo a favore dell’impresa. Staremo a vedere se qualcuna di queste proposte si tradurrà in realtà.
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