Taglio netto sugli stipendi, l’inflazione continua a fare danni: adesso si mettono di punta i sindacati per sistemare la situazione drastica per tante famiglie
La notizia ha scosso tutti, lavoratori e non. La conosciamo bene la situazione italiana: stipendi tirati, che in 30 anni hanno perso circa un valore di 1000 euro (facendo un confronto con il costo del caro vita di oggi), e un mondo del lavoro sempre più instabile. La crisi economica si sente, non è ancora delle peggiori, ma potrebbe diventarlo.
Sempre più famiglie raggiungono la soglia della povertà assoluta e in un mondo veloce come quello del 2024, dove si produce all’inverosimile, risulta davvero poco credibile che non riusciamo a far fare una vita dignitosa a tutti. Le grandi multinazionali gettano milioni e milioni di prodotti, Amazon ha magazzini che di anno in anno svuota con la discarica: tutti oggetti invenduti, tutte ore di lavoro che dalla produzione passano direttamente in discarica.
Questo è il lato sfrenato del consumismo, che corre e lascia indietro tutti gli altri, famiglie comprese. Alcuni lavoratori perderanno in busta paga il 10% del valore del loro stipendio in Italia, stime calcolate sui tassi inflazionistici attuali.
Nello specifico i lavoratori delle funzioni centrali rischiano di subire un taglio agli stipendi che potrebbe arrivare fino al 10%. La situazione è diventata particolarmente tesa dopo l’annuncio delle misure previste dal nuovo contratto collettivo, definite dai sindacati come “il peggior contratto possibile”.
Il 5,78% di aumento previsto dal rinnovo, infatti, non corrisponde ad un reale aumento, piuttosto alla perdita di oltre il 10% del potere d’acquisto degli stipendi – a fronte di un’inflazione stimata nel triennio oltre il 16% – che si ripercuoterà anche su pensioni e TFS/TFR. Le organizzazioni sindacali stanno cercando di contrastare questa decisione, portando avanti una dura battaglia per evitare conseguenze che potrebbero pesare sulle tasche di migliaia di lavoratori.
Il nuovo contratto delle funzioni centrali, secondo quanto riportato dal sito USB Pubblico Impiego, è stato approvato con una serie di modifiche che in realtà non hanno trovato il consenso unanime. È abbastanza probabile che nel triennio si registreranno picchi superiori a quanto previsto, determinando così un’ulteriore perdita del potere d’acquisto dei salari.
Proprio per questo si richiede un contratto vero, che non solo permetta un recupero totale dell’inflazione, ma anche un surplus che possa garantire ai lavoratori di stare al passo del costo della vita, a maggior ragione nell’ambito pubblico che prevede spostamenti in sede lontane, dove gli affitti possono avere rialzi da capogiro.
In sostanza, gli aumenti non devono permettere il minimo indispensabile, ma dovrebbero migliorare concretamente le condizioni di vita di lavoratori e lavoratrici. I sindacati hanno quindi espresso il loro totale dissenso, definendo il contratto “inaccettabile”. L’Unione Sindacale di Base (USB), in particolare, ha sottolineato come l’accordo sia stato approvato in un clima di scarsa trasparenza e di totale assenza di tutele per le categorie più fragili.
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