Assegno di mantenimento, arriva la stangata. La Corte Suprema di Cassazione parla chiaro, si deve restituire in questi casi.
Quando una coppia divorzia e ci sono figli, uno dei provvedimenti che il giudice prende è quello dell’assegno di mantenimento. Ciò significa che il coniuge che si trova in una situazione economica più forte, è anche quello incaricato di fornire i cosiddetti “alimenti” all’ex coniuge, in posizione economica più debole, e ai figli.
Il coniuge che, secondo la decisione del giudice, dovrà corrispondere il suddetto assegno all’ex e ai figli, è detto “coniuge obbligato“, oppure “onerato“. La controparte, invece, è detta “coniuge beneficiario“. L’assegno di mantenimento ha uno scopo ben preciso, ossia quello di fungere da supporto economico quando si smette di vivere assieme e anche di perequazione.
Questo vuol dire che con esso, si intende riconoscere il contributo che l’ex coniuge, economicamente più fragile, ha avuto nel costituire il nucleo familiare e personale della coppia.
Non intende, tuttavia, ricompensare il coniuge per i sacrifici fatti durante il periodo in cui si era sposati, e neppure risarcitoria. Ma c’è un caso in cui l’assegno di mantenimento deve essere restituito.
Assegno di mantenimento, quando tocca restituirlo
L’assegno di mantenimento è assegnato per un certo periodo di tempo, ma può avere un termine. Mettiamo il caso di un padre che ha delle figlie cui versa per anni il mantenimento all’ex coniuge.
Un giorno, le ragazze crescono, si laureano, si sposano e diventano autosufficienti. Il padre, dunque, avrà diritto alla restituzione dell’indebito versato? Ecco come si è espressa, in merito, la Corte Suprema di Cassazione.
Alla Corte infatti, è stato sottoposto il suddetto caso. Nel tempo, le figlie dell’uomo si sono laureate e sposate e, come detto, da quel momento, il padre non era più obbligato a mantenerle. L’uomo, tuttavia, aveva ricevuto un atto di precetto, in cui gli si chiedeva di versare gli importi di mantenimento degli ultimi 5 anni.
A quel punto, il padre delle due giovani donne ha chiesto che l’ex moglie gli restituisse le somme che lui aveva versato e che ella lo risarcisse per appropriazione indebita degli importi che non le doveva.
Il Tribunale aveva rifiutato la richiesta di restituzione, e aveva avallato quella risarcitoria a carico dell’ex coniuge, mentre la Corte territoriale aveva respinto la restituzione e annullato la condanna di danno patrimoniale.
La Corte avrebbe addotto, infatti, che il danno fosse stato causato da inerzia da parte di colui che aveva fatto ricorso, che avrebbe dovuto muoversi prima per cambiare le condizioni della separazione, sul mantenimento delle due giovani, in questione.
L’uomo ha fatto ricorso in Cassazione, denunciando la violazione e falsa attuazione dell’art. 2033 c.c., che aveva escluso la natura indebita del versamento del mantenimento per le figlie, in quanto era la ragione del pagamento stesso, che era decaduta nel momento in cui le figlie si erano sposate.
La Cassazione ha accolto la richiesta dell’uomo, revocato la sentenza precedente e ha rimandato di nuovo alla Corte territoriale la decisione.