L’Unione europea e l’Italia si trovano a un bivio importante per l’efficacia delle sanzioni e nei rapporti commerciali con Mosca. Mentre la guerra infuria ancora il prezzo del future sul Brent scende sotto i 118 dollari al barile.
Il calo, tuttavia, riflette semplicemente la diminuzione della domanda cinese a causa dei lockdown nel Paese. Shanghai hanno annunciato un lockdown di nove giorni per via del nuovo record di contagi, di cui 80% sono tuttavia asintomatici.
Lo yen è sceso a un minimo di 122,78 sul dollaro, segnando il livello più basso dal dicembre 2015. Rimane relativamente stabile il prezzo dell’oro mentre sale il dollaro sulle conseguenze degli aumenti dei tassi annunciati dalla Federal Reserve.
Questa settimana sarà decisiva per l’Italia in relazione all’acquisto del Gas. Putin ha preteso la scorsa settimana che i pagamenti fossero fatti in rubli. Mercoledì 23 marzo Mosca ha annunciato che accetterà dai paesi ostili pagamenti per il gas soltanto in rubli. La settimana sarà decisiva per vedere quanto concreti siano effettivamente i timori che la Russia possa aggravare ulteriormente la crisi energetica nel continente europeo.
Se la Russia sembra consapevole di essere indispensabile per la sopravvivenza sul medio periodo di una parte considerevole dell’occidente e in particolare di Germania e Italia, Scholz e Mario Draghi hanno già detto no alla richiesta di Mosca.
Putin ha dato alla banca centrale una settimana di tempo per risolvere la questione dal punto di vista tecnico. La scelta non è accettabile in quanto rafforzerebbe il rublo e indirettamente l’economia Russa, invalidando parte degli effetti delle sanzioni. Dopo la minaccia di far pagare in rubli gas e petrolio, la banca centrale russa sta accumulando riserve di oro acquistandole a sconto dalle banche commerciali del Paese. L’ipotesi più plausibile è il tentativo di stabilizzare il prezzo del rublo rendendolo convertibile in oro. Le materie prime come gas e oro saranno quindi la leva con la Russia può proseguire la sua politica anche successivamente alla fine della guerra.
Tra le materie prime su cui l’Italia è più esposta, oltre quelle energetiche, il grano duro di cui produce solo il 38%. Oltre a questo, i semi oleosi, come girasole e soia la cui produzione interna è sufficiente solo per il 31% del fabbisogno. Analoga la situazione per i prodotti di origine animale. L’Italia è autosufficiente in gran parte solo per quanto riguarda le carni. Quelle avicole compensano completamente la domanda interna, mentre quelle bovine arrivano al 76%. Le carni suine non trasformate al 59%, il latte al 44%.
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