Spread ai massimi livelli da 2 anni con effetti sul BTP a 10 anni con un rendimento mai visto

Sesto giorno consecutivo di crescita dello spread sui Titoli di Stato italiani.

La dinamica dell’aumento dei rendimenti pesa soprattutto sui paesi con elevati debiti pubblici come l’Italia.

Spread ai massimi livelli da 2 anni con effetti sul BTP a 10 anni con un rendimento mai visto
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L’effetto delle incertezze economiche acuite da una recrudescenza della guerra commerciale pesa sulle prospettive della ripresa e dell’inflazione. A tutto vantaggio dei creditori la differenza tra un rendimento di un titolo di Stato decennale italiano e l’equivalente tedesco ha raggiunto i 178 punti base, il massimo da giugno 2020.

In termini percentuali il Btp a 10 anni è arrivato a rendere fino al 2,56%. Lo spread si amplia nell’ambito di un incremento generalizzato in tutta Europa. Un bund tedesco paga oggi lo 0,8% ossia un punto percentuale in più di un anno fa quando offriva ancora rendimenti negativi.

Spread ai massimi livelli per l’assenza di un contesto utile a formulare aspettative sul lungo periodo

Rendimenti più alti per l’assenza di un contesto che permette di crearsi aspettative realistiche positive. Questo significa in termini di ricadute economiche anche una maggiore pressione sulle finanze pubbliche.

Il movimento al rialzo è più accentuato in paesi con un’economia a rischio, oltre l’Italia dove i rendimenti sono cresciuti dell’1,75%, ci sono Grecia e Spagna con un incremento rispettivo del 2% e del 1,3%. I rendimenti salgono perché il valore dei titoli scende a tutto vantaggio di chi decide di sottoscriverli ai prezzi correnti.

Ieri i mercati del vecchio continente hanno chiuso la seduta all’insegna di un cauto rialzo. La giornata cominciata con lo stop della Russia alle forniture di gas a Polonia e Bulgaria ha concretizzato le aspettative per un susseguirsi degli effetti negativi sull’economia europea. Nei prossimi giorni Bruxelles dovrebbe presentare in tutta risposta il sesto pacchetto di sanzioni che includerà l’embargo petrolifero.

A questo si aggiunge l’attesa per un futuro rialzo dei tassi da parte della banca centrale europea e un secondo della Federal Reserve. Oggi occhi degli investitori rimangono quindi puntati sull’eventuale estensione del trattamento commerciale che Mosca riserverà ai paesi considerati ostili. Austria, Italia e Germania hanno confermato che non intendono pagare il gas in rubli. L’aspettativa è ancora più forte per i dati macroeconomici di domani, che riveleranno il livello di inflazione di Italia, Francia e Eurozona, contestualmente a quelli sul Pil di Germania, Italia, Spagna ed Eurozona.

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