Nell’ultimo Consiglio dei Ministri il governo Draghi ha dato il via libera alla proroga sugli sconti delle accise per i prezzi al dettaglio dei carburanti.
L’intervento conferma la sospensione delle accise per 30 centesimi al litro che spostano i rincari sulle spalle del fisco. Ci anche interventi più notevoli utili ad abbassare i prezzi alla fonte.
Un guadagno in meno per le casse dello Stato che si traduce in un grande contributo per le tasche dei consumatori. La prossima settimana il decreto legge sarà trasformato in un emendamento al decreto Aiuti ter.
Sarà compito poi del nuovo governo prevedere un intervento più strutturale o riconfermare le misure in atto in base alla disponibilità del bilancio pubblico. Come aveva già anticipato il Sole 24 Ore, i dati del MEF sulle entrate tributarie hanno mostrato che dopo l’ultima proroga l’Esecutivo non avrebbe più potuto assicurare lo sconto dopo il 2 novembre.
Il prezzo all’ingrosso sul petrolio ha determinato una battaglia che per la prima volta ha visto contrapporre l’amministrazione Usa e l’Opec nella decisione sulla emissione di greggio sul mercato. Due settimane fa la decisione dei Paesi produttori era stata accolta con scetticismo e contrarietà dalle economie occidentali; la riduzione della produzione ha rimesso in discussione il trend discendente che poteva dare sollievo all’inflazione.
È per questo motivo che questa settimana, l’amministrazione Biden ha annunciato il rilascio di 15 milioni di barili di petrolio dalla riserva strategica degli Stati Uniti. L’amministrazione Usa ha iniziato a rilasciare petrolio dalla SPR già all’inizio del 2022 per cercare di combatterne l’aumento dei prezzi e quindi della benzina.
Ora l’amministrazione ha pianificato di rilasciare un totale di 180 milioni di barili di greggio tra marzo e dicembre. I prezzi alla pompa negli Stati Uniti sono un effetto che si sconta in modo sensibile sulla percezione del merito del Governo. Con prezzi di energia e benzina troppo alti, la gente potrebbe non riconfermare i democratici alle elezioni di questo novembre di Camera e Senato.
Un altro aspetto importante della politica sul petrolio degli Stati Uniti e il contribuito sul mercato internazionale; questo si riflette poi sui prezzi all’ingrosso e indirettamente su quelli al dettaglio. Ciò significa anche che fintanto la tensione internazionale rimarrà elevata, nuovi interventi analoghi potranno ripresentarsi in risposta agli aumenti dei prezzi della benzina o a ulteriori tagli alla produzione da parte dell’OPEC +.
Questi rilasci potranno terminare eventualmente se i mercati petroliferi globali sconteranno l’inizio di una fase di rallentamento dell’economia. L’amministrazione Usa ha detto che prevede di riempire la sua riserva strategica acquistando petrolio a prezzi compresi tra 67 e 72 dollari al barile. L’amministrazione Biden spera che questo incentiverà i produttori di petrolio statunitensi ad “aprire i rubinetti”. I produttori sono quindi incentivati a favorire nuovi ribassi del prezzo rispetto agli attuali livelli intorno agli 85 dollari.
Questo significa anche che in caso di recessione globale il governo degli Stati Uniti sarà finanziatore di prima istanza sul mercato, in un momento in cui la domanda crolla significando un’ancora di salvezza soprattutto per l’industria petrolifera statunitense.
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