È una sentenza storica quella pronunciata da un tribunale olandese. Il verdetto stabilisce un precedente e dimostra con chiarezza come la sensibilità e i tempi siano veramente cambiati.
Il caso aperto contro Shell è stato chiuso con una sentenza pronunciata mercoledì 26 maggio, nella quale viene ordinato alla multinazionale di idrocarburi di accelerare nei suoi piani per la riduzione delle emissioni di gas serra, che la società aveva pianificato con un obbiettivo del 20% da conseguirsi nei prossimi trent’anni.
La sentenza va tutta a favore dell’ambiente e diciamolo, vista la grandezza della multinazionale e il suo valore simbolico, a beneficio di tutti. Nel breve termine è stata meno benefica per i suoi azionisti, con le quotazioni che nella giornata hanno perso il 3%, una chiusura che ha annullato il valore capitalizzato nell’ultima settimana.
Nonostante questo, i costi per il raggiungimento del nuovo obbiettivo imposto dalla legislazione olandese, sarà distribuito nell’arco dei prossimi nove anni, calcolato rispetto ai livelli del 2019. Per il 2030 quindi, la società dovrà avere diminuito le sue emissioni del 45% mentre nel 2040 dovranno essere state ridotte del 72%.
Il caso segna l’importanza che piccoli gruppi ben organizzati possono avere, modificando sul medio periodo i destini e l’ecologia dell’intero pianeta. L’associazione ambientalista MilieuDefensie, in italiano “amici della terra”, con circa 90.000 membri, aveva accusato Shell di violazione dei diritti umani, a causa del suo mancato impegno a ridurre nella giusta misura l’impatto ambientale, risultando fuori dai parametri degli accordi di Parigi. L’accordo del 2015 è atto a contrastare con la collaborazione dei paesi industrializzati, l’effetto serra e il riscaldamento globale.
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La sentenza aggiunge un punto di credibilità alle iniziative ecologiste nel Paese, che sembra molto sensibile al processo di decarbonizzazione. L’accordo di Parigi che ha coinvolto le nazioni e non le società private, è stato utilizzato per la prima volta per agire direttamente in modo individuale sulle cause dell’inquinamento dovuto ai processi industriali. Le attività di Shell, la cui sede principale si trova proprio in Olanda, sono responsabili da sole di emissioni di gas serra pari a 1,65 miliardi di tonnellate, quasi lo stesso impatto ecologico di intere nazioni come la Russia.
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Due casi analoghi sono accaduti mercoledì anche negli Stati Uniti, questa volta per volontà di una parte degli azionisti membri del consiglio di amministrazione di ExxonMobil, i quali hanno votato per l’ingresso di due nuovi membri nella dirigenza, con il compito di accelerare e portare avanti in modo corretto le politiche per l’azzeramento dell’impatto ambientale, con la necessaria prosecuzione delle attività e profittabilità dell’azienda nel settore energetico.
Così anche Chevron, i cui investitori di maggioranza hanno approvato una proposta atta a ridurre significativamente la sua quota di emissioni di gas serra e implementare i criteri di selezione dei suoi clienti, così come sta avvenendo anche per le banche, in base al loro impatto ambientale.
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