Situazione favorevole per chi assiste un invalido nel 2025: doppio vantaggio da parte dell’INPS. È un beneficio che vale per tutti o ci sono altrettanti e specifici requisiti da soddisfare?
Parlare di INPS non è facile di questi tempi, figuriamoci se gli si associa un doppio vantaggio finalizzato a chi assiste un invalido nel 2025, sembra un’utopia. Ebbene, è necessario approfondire la questione perché non è una fake news, ma una novità da cogliere e comprendere appieno proprio per garantire il massimo dei benefici possibili. Si tratta di un aiuto sociale che si coniuga perfettamente con gli obiettivi che un Welfare State si impegna a conseguire. La misura non vale per tutti però, analisi concreta.
La ratio che anima il provvedimento è tra i più nobili, poiché concerne un importante ausilio nel caso in cui si abbia a che fare con un lavoratore in difficoltà tra gestione del familiare sottoposto a Regime 104 e la propria vita lavorativa. Non è una situazione da dare per scontata, anzi è più comune del previsto e presenta molte più difficoltà di quanto comunemente si pensi.
Riuscire a consolidare semplici obiettivi è arduo anche nelle famiglie con normodotati, figuriamoci se si assiste un familiare non autosufficiente. Ci vuole un senso di forte solidarietà per comprendere, specie da parte di chi amministra la cosa pubblica, cioè la società civile. Il Governo ha deciso che chi assiste un invalido nel 2025 ha diritto ad un doppio vantaggio da parte dell’INPS, ma a delle condizioni ben definite.
Come prendersi cura di un invalido nel 2025: beneficiari doppio vantaggio INPS
La notizia sull’aggiornamento legato al trattamento previdenziale da percepire, calza a “pennello” nel periodo storico corrente. La gestione da parte dell’INPS di questo settore è abbastanza in crisi date le sfide dell’inflazione e della stagnazione, per cui si è finalmente compreso che i beneficiari devono aver questo aiuto per sopravvivere nel mondo contemporaneo. Conoscere, informarsi e fare le dovute richieste, sono i passaggi fondamentali per la questione, poiché nulla avviene in automatico e bisogna porre le mosse giuste.
Cosa succede a chi assiste un familiare sottoposto a Regime 104? Potrebbe andare prima in pensione. Nello specifico si riposa anticipando di ben due anni! È un diritto nel vero senso della parola, poiché è diretto a quelle categorie di lavoratori che essendo “fragili”, necessitano delle dovute tutele. Chi assiste un invalido e deve al contempo lavorare e seguire i ritmi della vita, la propria, rientra perfettamente nel caso e nel quadro economico-fiscale delineato.
Primo aspetto da evidenziare è che bisogna prendersi cura di un familiare sottoposto alla legislazione della Legge n. 104 del 1992. Le misure che vi rientrano sono l’APE Sociale e l’Opzione donna. Senza dimenticare che però riesce a sfruttare ciò anche la Quota 41 che riguarda chi ha iniziato a lavorare presto, i cosiddetti lavoratori precoci. Ma quali sono i requisiti richiesti per il pensionamento in anticipo?
Con l’APE Sociale si ha certo a che fare con quella mossa che coinvolge la maggior parte dei lavoratori. È necessario che il soggetto si prenda cura di un familiare con cui convive da almeno 6 mesi. Come se non bastasse, è necessario avere come ulteriore criterio, almeno 63 anni d 5 mesi d’età e aver pagato almeno 30 anni di contributi.
Segue l’Opzione donna che invece richiedere 35 anni di contributi versati e per della categorie specifiche. Appunto, lavoratrici invalide, caregiver e anche le disoccupate. Se si hanno almeno 2 figli, l’età necessaria è 59, per poi salire a 60 anni, se se ne ha solo uno, e 61 per tutte le altre. Diciamo che a primo impatto appare meno vantaggiosa data la necessità di soddisfare una finestra di 12 mesi e il calcolo contributivo potrebbe non essere sempre a favor di quest’ultima.
Infine, entra in gioco la Quota 41 per i lavoratori definiti “precoci”. Per questi bisogna aver versato almeno 12 mesi di contributi prima dei 19 anni. Ancora ci vogliono almeno 41 anni di contributi pagati e l’assistenza dell’invalido.
La misura che farebbe andare “prima in pensione”, si chiama congedo retribuito dal lavoro che dura appunto massimo due anni. Questa è sancita dalla Legge n. 151 del 2001. La richiesta garantisce sia retribuzione che contribuzione per l’arco di tempo in questione. In conclusione, si può smettere prima di lavorare e percepire un’indennità uguale all’ultimo stipendio fino alla pensione.