La Russia risponde alle sanzioni energetiche e minacci di chiudere un importante gasdotto alla Germania. Ecco come può reagire l’Italia.
Gli Stati Uniti spingono gli alleati europei per un embargo petrolifero. Il presidente Usa, Joe Biden, ha vietato l’importazione di petrolio e gas dalla Russia. La situazione economica potrebbe essere già compromessa.
Un’ipotesi da prendere in considerazione per evitare una guerra combattuta sul campo. Mosca non rinuncia a imporre il controllo su Kiev, ciò significa che le sanzioni imposte fino a oggi non peseranno sulla scelta politica e strategica di Putin.
A questo fine gli Stati Uniti possono colpire direttamente al cuore dell’economia russa, escludendo l’Occidente dal commercio petrolifero con la Russia. Alexander Novak vice primo ministro russo, in un discorso alla televisione di Stato ha dichiarato: “Un rifiuto del petrolio russo porterebbe a conseguenze catastrofiche per il mercato globale, con un prezzo del petrolio che potrebbe salire a più di 300 dollari al barile.” Secondo Standard & Poor’s il Paese nel 2022 registrerà un crollo del Pil pari a -6,2%.
La Russia e gli effetti imprevisti delle sanzioni: i precedenti fanno tremare
Europa e le ripercussioni delle sanzioni: le conseguenze del caro energia
Se è impossibile trovare rapidamente un sostituto per il petrolio russo sul mercato europeo, gli effetti si sconterebbero anche nel caso venisse trovato sui prezzi. Gli analisti di Bank of America hanno stimato l’aumento ai 200 dollari al barile.
Novak ha dichiarato inoltre: “In relazione alle accuse infondate contro la Russia in merito alla crisi energetica in Europa e all’imposizione di un divieto su Nord Stream 2, abbiamo tutto il diritto di prendere una decisione corrispondente e imporre un embargo sul pompaggio del gas attraverso il gasdotto Nord Stream 1”.
In poche parole ciò significa la fine degli approvvigionamenti di gas per l’Unione Europea e quindi per l’Italia. La reazione italiana ad un simile scenario necessita di 24-30 mesi per essere approntata. È il tempo necessario a diventare indipendenti dalle importazioni di gas russo, che valgono oggi circa il 40% del fabbisogno energetico italiano. Lo ha affermato il ministro della Transizione energetica, Roberto Cingolani, aggiungendo che l’Italia mira a installare un primo nuovo terminale galleggiante di Lng entro la metà del 2022.
Per evitare le conseguenze dell’embargo energetico la Commissione europea proporrà martedì piani per diversificare le forniture europee di combustibili fossili. Per aiutare l’Europa ad allontanarsi dalla dipendenza energetica della Russia Joe Biden ha tenuto lunedì una videoconferenza con i leader di Francia, Germania e Gran Bretagna. Gli Stati Uniti che cercano di incidere con gli effetti di un’azione corale sono comunque disposti ad andare avanti senza i loro alleati europei.
Il segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha rivelato che l’idea sta guadagnando terreno, ma è ancora soggetta a discussioni molto accese.
Anche la Russia minaccia sanzioni: il piano energetico di emergenza
Secondo Reuters, la bozza del piano energetico della Commissione europea prevede di aumentare le importazioni di gas e GNL ovvero gas naturale liquefatto. Oltre a questo prospetta di introdurre gradualmente gas alternativi come idrogeno e biometano. A questo verrebbero affiancate soluzione per costruire progetti di parchi eolici e solari. Le riserve di gas in Europa devono essere vicine al 80 – 90% entro il prossimo inverno.
L’Agenzia internazionale per l’energia ha affermato che l’Europa potrebbe ridurre le importazioni di gas russo di oltre la metà entro un anno. Ciò richiede tuttavia una serie di misure difficile da portare a termine in modo capillare, come la sostituzione di caldaie a gas con pompe di calore, e la distribuzione capillare di GNL.
Nel frattempo sono attesi nuovi colloqui tra Ucraina e Russia che possono ristabilire i compromessi necessari per alleggerire gli effetti sulla popolazione di questa crisi.
Emergenza gas in Italia: in questo modo puoi ridurre i consumi
Cosa insegna la storia recente sugli shock petroliferi
Il petrolio è come avvenne negli anni ‘70 il protagonista indiretto delle relazioni tra gli Stati. Il prezzo del greggio Brent è guidato dalle turbolenze del mercato è circa il doppio di quello che era prima della pandemia. Durante l’ultimo shock petrolifero, i paesi esportatori di petrolio in Medio Oriente hanno tagliato le esportazioni verso gli Stati Uniti. Le altre nazioni che sostenevano Israele in una guerra contro l’Egitto. Prima di quelle crisi, tra il 35-45% del petrolio USA veniva importato. La soluzione fu allora quella di compensare utilizzando il carbone e aumentando al contempo la spesa pubblica per le energie rinnovabili.
Data la gravità dell’invasione e l’urgenza nel contrastare oggi il cambiamento climatico, è probabile che gli sforzi dell’UE debbano essere più decisi e rapidi, rispetto a quelli degli Stati Uniti 40 anni fa. Il mutamento non sarà indolore ma può stimolare molto più direttamente il completamento degli obiettivi di decarbonizzazione.