L’Agenzia delle Entrate ha il “potere” di eseguire controlli anche sul saldo del conto. Ma quand’è che bisogna stare attenti? Ecco le novità 2022.
Quando effettuiamo movimenti con il nostro conto corrente, non è che siamo “spiati”. E menomale, verrebbe da dire. Però è vero che lo Stato, attraverso vari enti e agenzie, può controllare chi è sospettato di movimenti che possono far pensare ad un illecito. Come sappiamo, ad esempio, è in atto una vera e propria lotta al contante. Questo per evitare che un’azienda paghi “in nero” i suoi dipendenti, fornitori o collaboratori, tanto per fare un esempio. A questo proposito è bene ricordare che nel 2002 è stato abbassato il totale dei pagamenti in contanti. Oggi il tetto massimo è 1.000€. Dimezzato rispetto all’anno scorso. Questo la dice lunga su come l’Agenzia delle Entrate (e altri enti) tentino in tutti i modi di combattere l’evasione fiscale. Ma anche chi è onesto e segue le regole, potrebbe sentirsi un po’ “oppresso” da queste rigidità. Andiamo a capire, per esempio, se oltre un certo massimo di soldi in giacenza sul conto scattano i controlli.
Fortunatamente, in banca – almeno per ora – si possono tenere quanti soldi si vogliono senza far attivare “sospetti” o controlli da parte del Fisco. Ma attenzione, non è tutto “rose e fiori”. Nel senso che l’Agenzia delle Entrate può eseguire dei controlli incrociati. Dichiarazione dei redditi, proprietà immobiliari, investimenti. E se i “conti non tornano”, allora sì che si possono passare dei brutti quarti d’ora. Ma ovviamente è giusto che l’Ente di riscossione faccia rispettare la Legge. Ad esempio, se un lavoratore, dipendente o autonomo, cittadino o azienda prelevano o movimentano più di 10.000€ al mese in contanti, anche se in modo frazionato, può “scattare il campanello d’allarme”. Naturalmente basterà giustificare i movimenti e se tutto è stato fatto in regola non c’è niente da temere.
Oltre al tipo di controllo, ricordiamo anche che solitamente gli uomini del fisco si muovono in determinati periodi e soprattutto per molti anni. Ad esempio, forse non tutti sanno che gli accertamenti da parte del Fisco possono essere effettuati “dal 31 dicembre del 5° anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione dei redditi, fino al 7° anno successivo se per quell’anno la dichiarazione dei redditi non è stata presentata“. In pratica, il cittadino è tenuto a conservare la documentazione relativa ai suoi movimenti per “un’eternità”. Menomale che le operazioni bancarie rimangono in archivio. Questo la dice lunga, però, su quanto sia ampia la “memoria” del Fisco.
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