L’Unione europea mette alla prova i 27. Il salario minimo diventa un obiettivo concreto per garantire equità e uguaglianza. Ecco la procedura.
Promuovere “l’adeguatezza dei salari minimi legali”. Obiettivo scritto nero su bianco, a seguito dell’accordo raggiunto nottetempo tra Consiglio europeo ed Europarlamento per la definizione della strategia utile all’equiparazione dei compensi minimi negli Stati membri.
Alla base dell’intesa (provvisoria) anche la volontà di far convergere condizioni dignitose per il contribuente sia sul piano del lavoro che della vita privata. Per i Paesi europei, si profila un lavoro di un paio d’anni massimo per recepire e attuare la direttiva nel proprio territorio nazionale. Anzi, in primis nel proprio diritto. Visto che negli ultimi tempi il tema occupazione ha creato più contrasti che convergenze, l’Europa ha deciso di intervenire in modo deciso affinché i Paesi membri adeguino i propri standard retributivi a una base comunitaria. L’obiettivo, come detto, è quello di migliorare “l’accesso effettivo alla protezione del salario minimo”, e questo vale per tutti lavoratori che hanno maturato tale diritto in base al proprio diritto nazionale (anche in caso di previsione da parte dei contratti collettivi). Con la speranza che, almeno sul piano base, possa essere finalmente garantita un’equiparazione per i dipendenti.
Che poi vi sia un sottobosco estremamente più ampio, tra lavoratori autonomi e altri addirittura privi di forme stabili di contratto, è fuor di dubbio. E l’intesa sul salario minimo non arriva a spostare a tal punto gli equilibri. Anche perché, nei prossimi due anni, andrà determinata l’effettiva capacità dei Governi di adeguare il proprio diritto alle disposizioni continentali. In particolare, l’Europa chiede ai 27 di disporre salari minimi legali miranti al rispetto di un “quadro procedurale” ad hoc, stabilendo inoltre i criteri per la standardizzazione per l’aggiornamento dei salari minimi. Primo dato da non dimenticare: la procedura avverrà ogni 24 mesi. Perlomeno.
Salario minimo, l’esame dei 27: cosa prevede la nuova normativa europea
L’unica deroga all’aggiornamento dei salari ogni due anni, sarà concessa a quei Paesi che utilizzano il meccanismo di indicizzazione automatica. Detto questo, la contrattazione collettiva sarà lo strumento cardine per garantire l’equità delle retribuzioni. Questo perché, accanto ai lavoratori che beneficiano di default di un salario minimo conforme, la normativa punta a includere anche coloro che necessitano dell’ulteriore variante. Nello specifico, almeno per quanto riguarda l’Italia, l’impatto dovrebbe essere positivo. Anche per l’attesa circolata attorno al provvedimento, che ha riacceso il dibattito proprio negli ultimi giorni, sposando peraltro una battaglia datata di alcune forze politiche.
Qualche tensione si è creata ma, a conti fatti, a beneficiarne dovrebbe essere il tessuto occupazionale. Più o meno quel che è accaduto in Germania dove, come ricordato dal commissario al Lavoro dell’Ue, Nicolas Schmit, l’occupazione è aumentata. Una precisazione da Bruxelles: nell’Unione non saranno previsti massimi e minimi salari, quanto piuttosto un’equità per i secondi.
Le nuove condizioni
Considerando che in Italia una normativa in materia non esiste (il solo Paese assieme ad altri cinque), il Governo (al netto del fine legislatura) avrà dunque fino al 2024 circa per inserirne una nel proprio diritto. Da Bruxelles, a ogni modo, tengono a chiarire che ogni normativa si adeguerà alle rispettive tradizioni di welfare dei Paesi membri. L’unica condizione, che poi dovrebbe essere quella base del lavoro in sé, è consentire un tenore di vita dignitoso e ridurre le disuguaglianza sociale. Creando, al contempo, le condizioni ideali per un’estensione delle opportunità lavorative e per mettere un argine alla precarietà.
Accanto all’Italia, avranno il loro da fare anche Austria e Cipro, oltre a tre Paesi scandinavi, come Svezia, Danimarca e Finlandia, dove la normativa andrà creata ex novo. Dove esiste, invece, il salario minimo va dai 332 euro al mese della Bulgaria al tetto del Lussemburgo, dove premiano con 2.257 euro mensili. Il più alto compenso (minimo) dell’Unione europea.