Accordo delle istituzioni UE sulla direttiva che imporrebbe agli Stati membri il varo di norme ad hoc sul salario minimo orario. I dettagli.
In questi ultimi tempi il salario minimo orario è un tema di cui si è ritornati a parlare ampiamente. Ora, grazie ad una direttiva UE ad hoc, lo stipendio base potrebbe diventare una regola vincolante per l’Italia.
Dall’Unione Europea arrivano notizie che fanno ben sperare in tema di salario minimo, in considerazione delle tante divergenze di opinione registrate in questi anni nel nostro paese. Infatti accanto a coloro che hanno sempre ritenuto il salario minimo garantito una sorta di ‘conquista di civiltà’, vi sono invece quelli che pensano che il nostro sistema non sia in grado di garantire la tenuta del meccanismo nel corso del tempo.
Tuttavia, come accennato, da Bruxelles arriva l’accordo su una direttiva ad hoc, la quale andrebbe a imporre a tutti gli Stati membri UE, Italia compresa, di assicurare un livello minimo di retribuzione ai lavoratori.
Vediamo allora qualche ulteriore dettaglio su questa novità e su quali potrebbero essere i prossimi sviluppi. Ciò che però appare certo è che la il dibattito sull’opportunità di un salario minimo per tutti in tutta l’Unione è giunto ormai ad un punto di svolta.
Salario minimo: la direttiva in contrasto alla disomogeneità delle situazioni nei vari paesi UE
Le istituzioni comunitarie ha così trovato un accordo sui contenuti essenziali della direttiva che garantisce un minimo economico in busta paga ai lavoratori. Essendo una direttiva, anche il nostro paese dovrà recepirla con un procedimento ad hoc.
Anzi proprio l’Italia, al di là delle discussioni a livello politico e dell’opinione pubblica, ha bisogno più di altri di una direttiva come questa. Ciò ci appare chiaro se pensiamo che, in base agli ultimi dati OCSE pubblicati la scorsa settimana, è l’unico paese europeo in cui i salari non soltanto non sono aumentati negli ultimi decenni, ma sono addirittura calati. E ben si comprende allora la difficoltà di milioni di famiglie a far quadrare i conti a fine mese, con l’aumento dei prezzi e il boom dell’inflazione.
Inoltre, questa direttiva sul salario minimo orario fa chiarezza su una situazione assai disomogenea nell’area UE. Infatti soltanto in 21 Stati su 27 è presente una legislazione sul tema, ma ognuno di questi 21 paesi ha introdotto una sua autonoma disciplina. Paesi come l’Italia, invece, non hanno una legge ad hoc ed hanno demandato la questione ai contratti collettivi di riferimento. Insomma ben si comprende il punto di svolta di questa direttiva.
Quali saranno i prossimi sviluppi?
Consiglio europeo, Commissione e Parlamento europeo hanno trovato un accordo e si può dunque parlare di approdo favorevole del negoziato. La norma ora proseguirà il formale iter per poi essere varata tra fine giugno e inizio luglio.
Lo ribadiamo: la direttiva approvata nasce dalla necessità di rivedere quello che oggi viene considerato un salario minimo, che non basta a garantire una vita dignitosa ai lavoratori contro la povertà lavorativa.
Ecco perché l’UE vuole incentivare la contrattazione collettiva nazionale in materia di salari e livelli adeguati, e inoltre prevede la presentazione di relazioni sulla copertura e l’adeguatezza dei salari minimi da parte degli Stati membri.
Ovviamente prima dei vari CCNL, la direttiva sul salario minimo ha ragion d’essere proprio al fine di condurre gli Stati al varo di leggi apposite entro i prossimi anni.
Salario minimo orario: il recepimento della direttiva da parte dell’Italia
Ora che la strada sul salario minimo orario sembra tracciata, all’Italia non resta che attendere le prossime mosse delle istituzioni UE. Il testo della direttiva sarà esaminato dalla Commissione Lavoro e Affari sociali del Parlamento europeo. A seguito di ciò una nuova discussione da cui potrebbero emergere ulteriori novità.
Infine, la direttiva – che sarà vincolante e dunque dovrà essere rispettata dagli Stati UE – sarà sottoposta alla definitiva approvazione da parte del Consiglio UE, per poi essere pubblicata in Gazzetta Ufficiale per l’entrata in vigore. L’Italia dovrà mettere in atto il meccanismo di recepimento, in modo da introdurne le relative regole con provvedimento interno.