L’età pensionabile si allontana sempre di più per i giovani, così si aprono nuove alternative. A partire dal micro retirement, non tutti sanno cos’è.
Il concetto di micro retirement – che potremmo tradurre letteralmente come micro pensione – è stato introdotto per la prima volta nel 2007 da Timothy Ferris, nel libro The 4-Hour Workweek. Nello specifico, parliamo di una strategia che adatta soprattutto ai giovani, che vedono l’età pensionabile allontanarsi sempre di più.

“Invece di aspettare fino a 60 o 70 anni per viaggiare e dedicarsi agli hobby, lo si fa mentre si è giovani e quando si hanno energia e salute”, le parole di Adama Lorna rilasciate ai microfoni della redazione del Guardian, creatore e ingegnere, che si è lasciato ispirare dal libro di Ferris.
Per quanto riguarda l’Italia il fenomeno è ancora agli inizi ma si osserva un fenomeno simile ovvero il job hopping. In cosa consiste? Nel cambiamento frequente di lavoro alla ricerca di condizioni migliori. Dando un’occhiata ai dati Anpal, il numero dei lavoratori che hanno cambiato impiego almeno due volte in 24 mesi è cresciuto del 20 per cento nel periodo 2021-2021, sfiorando i 3 milioni di persone.
Cos’è il micro retirement? Sta prendendo piede anche in Italia, un fenomeno generazionale
La Generazione Z ha trovato un nuovo approccio per bilanciare lavoro e benessere: il micro retirement. Un fenomeno che sta rappresentando un modo innovativo per evitare il burnout e prendersi pause lavorative programmate. Questo stile di vita prevede, ad esempio, un anno di pausa ogni tre anni di lavoro.
È così che i giovani si stanno allontanando dal tradizionale modello lavorativo basato sull’ufficio e sugli orari fissi. Non è un caso che su TikTok abbondino i contenuti che spiegano come affrontare una pausa lavorativa. La strategia migliore è risparmiare con largo anticipo, se non si può contare su un supporto economico da parte della famiglia.

Il quadro in Italia è incoraggiante, dal punto di vista occupazionale. A gennaio 2025, il tasso di occupazione ha raggiunto il 62,8 per cento, con una crescita che coinvolge tute le categorie, eccetto la fascia 35-49 anni.
Ciononostante, i dati provenienti dagli altri Paesi d’Europa evidenziano lo scarto, in difficoltà sono soprattutto il Mezzogiorno e le donne. Entro il 2030 i Millennials e la Gen Z – 9 milioni di persone tra i 25 e i 35 anni – rappresenteranno un terzo della forza lavoro.