Amazon da vita in Italia a cinque progetti sulle rinnovabili che verranno realizzati nei diversi depositi di alcune città italiane.
Parma, Pisa, Perugia, Palermo e Cagliari, beneficeranno di una maggiorazione della capacità energetica per complessivi 654 kW.
Salgono così a 17 i progetti fotovoltaici sul territorio italiano, con una capacità complessiva di 9 MW. Il colosso Usa non è il solo a diversificare le fonti di approvvigionamento puntando sull’energia pulita. Il totale dei progetti attivati da Amazon genererà 50 mila gigawattora, l’equivalente dell’energia necessaria ad alimentare quasi tredici milioni e mezzo di abitazioni in Europa ogni anno.
Un totale di 379 progetti in 21 Paesi, che comprendono parchi eolici e fotovoltaici alimentando con energia rinnovabile l’85% delle sue attività. È così che grande azienda Usa è sulla buona strada per alimentare le sue attività con il 100% di energia rinnovabile entro il 2025.
In Italia secondo un’analisi del MiTE, effettuata da Alleanza per il fotovoltaico, che rappresenta gli operatori del settore, sarebbero più di 500 i progetti di energia rinnovabile bloccati dalla burocrazia. Legati per due terzi a impianti fotovoltaici si rischia di perdere gli oltre 10 miliardi di investimenti stanziati dalle aziende del settore.
Lo Stato italiano sembra il maggiore ostacolo per gli investimenti privati nel settore energetico; questo proprio quando il maggiore impegno e l’urgenza della congiuntura internazionale, indica le energie alterative ai carburanti fossili come la risposta a lungo termine migliore e utile per sopperire alla vulnerabilità sul piano della sicurezza energetica.
L’aumento dell’energia prodotta da fonti rinnovabili è una necessità strategica per l’Italia e per l’Ue sia in chiave economica, che da punto di vista sociale e ambientale. È importante che questi progetti proseguano in modo programmatico. Secondo il MiTE l’Italia avrebbe bisogno di installare almeno 100 GW entro il 2030.
Si rischiano infatti continue ricadute soprattutto durante i cicli stagionali sui costi del riscaldamento. Al di là delle congiunture di mercato sul gas, fino all’anno scorso un sacco di pellet da 15 kg costava circa la metà di quanto costa adesso.
Il pellet stesso è nato dalle esigenze della crisi energetica del 1973; ultimamente è salito al podio delle alternative di breve termine sul gas per il riscaldamento domestico. Frutto degli scarti della lavorazione del legno, era fino allo scorso anno un metodo di riscaldamento economico che ha perso in parte la sua funzione a causa della crisi sistemica.
Il nostro Paese si è trovato a dover inserire così detrazioni e sconti anche sulle stufe. Tra questi l’ecobonus e il Bonus ristrutturazione. Il primo con detrazioni dal 50% all’85% è utile per l’installazione di impianti di climatizzazione invernali con generatori di calore a biomassa e per interventi finalizzati al miglioramento energetico della casa.
Il Bonus Ristrutturazione valido fino al 31 dicembre 2024 e assegna una detrazione del 50% e riguarda invece gli interventi di manutenzione straordinaria. In questi rientrano anche dell’acquisto di impianti alimentati da fonti rinnovabili compreso il pellet.
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