I rigassificatori in Italia tornano al centro del dibattito politico: ecco come funzionano e perchè sono contestati

I rigassificatori in Italia tornano al centro del dibattito politico e sono una delle alternative pensate per diversificare l’approvvigionamento di gas sostituendo quello russo.

Quali sono e come funzionano i rigassificatori oggi presenti in Italia?

RIgassificatori gas
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L’Italia sta facendo tutto il possibile per aumentare l’approvvigionamento di gas, mentre diversi mesi l’Europa si trova nella morsa della più grande crisi energetica dagli anni ’70.

Questo è il risultato della scarsa lungimiranza e pochi investimenti nell’energia; mentre i rialzi del gas sono arrivati a ottobre 2021, ben prima del conflitto tra Russia e Ucraina, l’Europa che trova tra asia e Stati Uniti rotta delle navi di GNL ha rischiato la crisi sistemica. Non solo colpa dell’Italia ma anche di Paesi come la Germania, che può contare però su un’economia molto più solida e una capacità di spesa decisamente maggiore.

I rigassificatori sembrano la soluzione mancante per risolvere il problema della sicurezze energetica

A giudicare dalla loro importanza nel dibattito politico i rigassificatori sembrano la soluzione mancante per il problema della sicurezza energetica in Italia. Un rigassificatore è un impianto che permette di riportare il GNL, sotto forma di gas. È particolarmente importante per l’importazione del gas naturale che non arrivi sotto forma gassosa attraverso tubazione. Il gas liquefatto può essere consegnato senza la necessità di infrastrutture fisse in quantità maggiori a parità di volume.

Per utilizzare questo tipo di gas che può arrivare via mare attraverso navi cisterna sono così necessari i rigassificatori; presenti in Italia In Italia a Panigaglia, Brindisi, Rovigo e Piombino consentono una produzione annua di circa 15 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Il più grande di questi che si trova a Rovigo ed è gestito dalla joint venture formata da ExxonMobil, che ha il 70% delle quote, da Qatar Petroleum che detiene il 23% della società e Snam che ha il restante 7%.

Il problema rimane il rigassificatore situato a Piombino, che nonostante il suo grande potenziale non è ancora stato avviato. Tra i temi approfonditi ci sono quelli legati alla tutela dell’ambiente e del paesaggio nonché quelli legati alla sicurezza. È stato presentato un memorandum in dieci punti, del valore di circa 600 milioni di euro.

Piombino è una città Toscana con un passato importante nella siderurgia con circa 40.000 abitanti. La struttura verrà situata nel porto, anche a danno del turismo, in cambio di concessioni che comprenderanno riduzioni di prezzo per il gas e per la luce. Tra le opere che dovrebbero essere realizzate a compensazione delle ripercussioni, ci sono una strada per entrare nel porto di Piombino senza passare dal centro città, nonché interventi di valorizzazione culturale del territorio.

Cosa cambia con l’entrata in funzione del rigassificatore di Piombino?

Una volta approvato, il rigassificatore di Piombino che entrerà in funzione secondo quanto previsto nel 2023, sarà galleggiante e produrrà 5 miliardi di metri cubi all’anno. Secondo le stime, produrrebbe il 6% del fabbisogno di gas in Italia con un potenziale del 25% della domanda. Il gas liquido arriverà dagli Stati Uniti e il gassificatore sarà collocato a 23 chilometri dalla costa.

Il progetto prevede anche la realizzazione di impianti rinnovabili con una capacità per oltre 200 GW. Al termine dell’operazione, compreso il noleggio di piattaforme tedesche, il Paese potrà contare su 30 miliardi di metri cubi all’anno, circa il 30% del fabbisogno. Nel nostro Paese il riempimento degli stoccaggi è quasi concluso e i terminali di rigassificazione lavorano alla capacità massima. Snam ha acquistato tre nuovi terminali su nave che però entreranno in funzione l’anno prossimo. Sfruttando a suo favore l’emergenza, è possibile che l’Italia possa diventare un hub del gas nel Mediterraneo.

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