Riforma pensioni, un dubbio assale i pensionati: facciamo chiarezza

In vista della futura riforma pensioni, c’è un dubbio che assale milioni di pensionati: favorirà chi prende meno o chi è vicino all’età di pensionamento?

La riforma pensionistica attuale è quella prevista dalla Legge Fornero, che si contraddistingue per i requisiti piuttosto stringenti. Per questa ragione, sono state introdotte una serie di misure che favoriscono il pensionamento anticipato, in presenza di specifici presupposti. Purtroppo, nella maggior parte dei casi si tratta di misure che favoriscono il ritiro anticipato dal lavoro, a fronte di un sacrificio economico rilevante.

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I lavoratori prossimi al pensionamento che non intendono rispettare i requisiti della Legge Fornero, possono sfruttare altre misure di pensionamento, che consentono di ritirarsi prima dal lavoro. Tuttavia, per poter accedere a queste opportunità occorre essere in possesso di requisiti anagrafici e reddituali ben precisi.

In ogni caso, accettare di andare in pensione con qualche anno di anticipo rispetto alla riforma ordinaria prevede una decurtazione dell’assegno pensionistico. In sostanza, il lavoratore va in pensione prima percependo un importo mensile inferiore rispetto a quello che percepirebbe, se si ritirasse rispettando i requisiti della Legge Fornero.

D’altro canto, andando in pensione prima, il contribuente può godere di una rendita pensionistica erogata per un maggior numero di anni (si spera).

Riforma pensioni: facciamo chiarezza

La riforma pensionistica attuale, ovvero quella ordinaria, prevede che il lavoratore possa accedere alla pensione a 67 anni d’età. Si tratta di un’età pensionabile piuttosto alta che, si spera, possa essere riformato dal nuovo esecutivo che sarà eletto il prossimo autunno.

Tuttavia, rispettando il suddetto requisito anagrafico, il lavoratore può godere di una rendita mensile più alta.

Per chi preferisce ritirarsi prima dal lavoro, sono disponibili alcune misure che rappresentano un’occasione di pensionamento anticipato. In questo caso, il lavoratore deve essere in possesso di specifici requisiti, che gli permettono di godere di una rendita più bassa ma che sarà erogata per un maggior numero di anni.

In linea di massima, dunque, non conviene ritardare troppo il ritiro dal lavoro perché si rischia di pagare più tasse e di ricevere la redita per un numero di anni inferiore.

Cosa conviene di più?

Cosa conviene di più tra la riforma pensionistica ordinaria e il ritiro anticipato?

Spesso si crede che ritardando il ritiro dalla pensione si possa godere di una rendita più alta. Dopotutto il calcolo della pensione avviene sulla base di due fattori: il montante contributivo e l’età pensionabile. Dalla combinazione di questi due elementi è possibile determinare l’importo della pensione.

Alla luce di ciò, è chiaro che ritardare il pensionamento di qualche anno permette di incrementare il montante contributivo e di aumentare anche l’età pensionabile. In questo modo, è possibile ottenere un importante vantaggio dal punto di vista economico.

L’importo della pensione, infatti, viene calcolato tramite la rivalutazione del montante contributivo effettuando un calcolo che tiene conto del coefficiente di trasformazione.

Quest’ultimo è un valore fissato dalla legge, in relazione all’età anagrafica del lavoratore. In sostanza, il coefficiente diventa più alto, tanto minori saranno le aspettative di vita del pensionato e viceversa. Pertanto, ritardare l’uscita dal lavoro conviene dal punto di vista economico ma non sotto l’aspetto della durata della prestazione.

Il discorso cambia se il lavoratore ha iniziato a versare i contributi prima del 1996. In tal caso, infatti, si utilizza un diverso metodo di calcolo.

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