Il Fisco ha previsto sconti ed esenzioni sulla “prima casa” a condizione della residenza del proprietario dell’immobile. Ma vediamo come la residenza di fatto non è utilizzabile.
L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che la destinazione ad abitazione principale deve essere documentata attraverso una certificazione anagrafica. In effetti, anche se si sostengono delle spese a dimostrare l’effettiva abitazione nella casa, queste non servono a dimostrare la residenza.
In linea di massima i benefici fiscali derivanti dall’acquisto di un immobile destinato alla “prima casa” come previsto dal Decreto legge n. 155 del 1993 all’articolo 16, spettano unicamente al richiedente che risiede nell’immobile. La residenza deve essere dimostrata con dati anagrafici, da chi ha acquistato l’immobile.
In merito è intervenuta anche la Corte di Cassazione, attraverso varie sentenze (n. 10072/2019, n. 1530/2012, n. 13345/2016), e ha stabilito quanto segue: “senza che, a tal fine, possano rilevare la residenza di fatto o altre situazioni contrastanti con le risultanze degli atti dello stato civile“.
Infine, la Cassazione con la sentenza n. 713 dell’anno 2017, ha precisato che la residenza deve essere dimostrato dal dato anagrafico e non di fatto. Pertanto, non ha valore la produzione di titoli di spesa che dimostrano la residenza nell’abitazione.
La legge precisa che i benefici di natura fiscale sull’acquisto della prima casa, spettano unicamente a chi dimostra, con certificato anagrafico, il requisito di residenza o di lavorare presso il Comune dove è sito l’immobile acquistato. Non ha rilevanza la residenza di fatto.
Sugli immobili adibiti ad abitazione principale ci sono molte agevolazioni, come il bonus prima casa under 36 che permette di ottenere la garanzia dello Stato.
Anche se la stretta sulla casa nella nuova riforma fiscale che contiene anche la riforma del catasto preoccupa i cittadini. Il Governo ha promesso che non ci saranno ripercussioni sugli immobili adibiti a “prima casa”.
Le agevolazioni fiscali per la prima casa, consentono di pagare imposte ridotte sull’acquisto se si presentano determinate condizioni. In effetti, chi acquista n immobile da un privato, deve pagare un’imposta di registro ridotta al 2% (normalmente è il 4%), sul valore catastale dell’immobile. Inoltre, le imposte catastali e ipotecarie si versano entrambe nella misura fissa di 50 euro. Se invece, il venditore è un’impresa soggetta all’Imposta sul valore aggiunto, l’acquirente dovrà pagare l’IVA agevolata al 4%, anziché il 10%.
Oltre alla riduzione delle imposte all’acquisto della abitazione adibita a “prima casa”, si ha diritto nella dichiarazione dei redditi una detrazione IRPEF del 19% fino ad un tetto di spesa di 1.000 euro per le spese di intermediazione immobiliare. Inoltre, spetta la detrazione degli interessi passivi sul mutuo.
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