Le quotazioni del rame sono state influenzate dai recentissimi mutamenti politici che stanno coinvolgendo il Cile e il Perù.
Prima dei recenti mutamenti negli scenari nazionali dei due paesi sudamericani, la spinta del trend rialzista del rame che dura da almeno due mesi, era dovuta alla crescente domanda nel settore tecnologico ed elettronico.
Il metallo rosso è un insostituibile conduttore di elettricità, che sempre più entrerà a far parte della nostra vita, in quanto il processo di decarbonizzazione amplificherà in molti settori la presenza di componentistica elettronica che abbisogna di componenti in rame. Il suo valore aumenta dagli inizi di marzo, quando è arrivato ai 9 dollari al kg, in parte a causa dei lockdown, in parte a causa del rinnovamento ecologico, impiegato a partire dalla componentistica di base delle auto elettriche, alle turbine delle pale eoliche.
Sul London Metal Exchange il rame ha superato martedì 18 maggio la quotazione di 10.500 dollari a tonnellata, circa 9,25 euro al kg, per la seconda volta in meno di una settimana. Le motivazioni sono dovute questa volta alle preoccupazioni per le politiche di regolazione e inasprimento fiscale sulla materia prima nazionale, creando preoccupazioni nelle grandi industrie rispetto alla loro capacità di approvvigionamento sul lungo periodo.
Il Cile, più grande produttore di rame al mondo, è mosso dalla volontà politica di mettere le basi per la riscrittura della sua costituzione. L’estrema destra che capeggia il movimento sta contribuendo a quella che potrebbe diventare la più grande regolamentazione dell’industria estrattiva del rame degli ultimi trent’anni.
Il paese, attraversato da un profondo e diffuso malcontento, cercherà nelle opzioni offerte dalla destra di ottenere garanzie sociali ed economiche anche in termini protezionistici. Si annuncia una probabile nazionalizzazione di settori quali l’acqua, per più due terzi consumata dall’industria estrattiva, nonché una revisione dei diritti di proprietà, incrementando le sanzioni per coloro che la utilizzano scorrettamente e in modo inefficiente a danno della nazionea.
In concomitanza a questo evento il candidato alla presidenza peruviana Pedro Castillo, ha affermato la scorsa domenica di volere imporre un aumento della tassazione sulla vendita del rame e di voler rinegoziare a favore dei minatori, i loro contratti di lavoro. Il candidato socialista che spaventa la seconda industria estrattiva di rame più grande al mondo, afferma di voler sostenere con le nuove tassazioni l’educazione e la sanità pubblica, rivendicando l’ingiustizia di dover vendere il proprio rame a prezzi che sono tra i più bassi al mondo, anche nel momento in cui le quotazioni si trovano a livelli record.
Sebbene le compagnie minerarie peruviane non gradiscano l’aumento della pressione fiscale, sono più spaventate dalla possibilità di venire letteralmente espropriate, qualora la compagine socialista vincesse con una netta maggioranza le elezioni. Anche Castillo sta proponendo un referendum al fine di promulgare una nuova costituzione.
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