L’oro bene rifugio per eccellenza si muove in controtendenza rispetto alla classica correlazione con il sentiment ribassista.
Mentre fino a pochi mesi fa l’oro sovraperformava la maggior parte delle materie prime oggi il metallo giallo è sceso al livello più basso dai primi giorni della pandemia.
L’oro è stato coinvolto in un ampio selloff dopo la serie concatenata di aumenti dei tassi di interesse delle banche centrali. Il future sull’oro è così sceso del 20% sotto il massimo storico intorno ai 20 mila dollari all’oncia raggiunto a marzo.
Con l’aumento record della forza del dollaro gli investitori preferiscono puntare su attività più liquide e meno soggette a volatilità eccessiva o gap di prezzo come i cambi sul forex. Gli aggressivi aumenti dei tassi di interesse delle banche centrali sembrano poter portare a una recessione entro il prossimo anno.
La sinergia delle politiche monetarie si sconta così sul prezzo dell’oro.
Secondo gli analisti di Goldman Sachs un’altra delle cause delle vendite sull’oro sono i mancati acquisti di lingotti da parte della Cina. La quota del Dragone sugli acquisti globali al dettaglio del metallo prezioso è del 33%; la quota di consumatori asiatici, le cui valute sono influenzate dal renminbi, è quasi del 70%.
Mentre il dollaro si è rafforzato rispetto a tutte le valute; esso è nel breve termine l’unica valida alternativa ai beni rifugio costituiti dai metalli preziosi. Persino il Franco è tornato a rafforzarsi dopo un nuovo aumento dei tassi voluto dalla Banca Centrale svizzera. Le banche centrali di Svizzera, Norvegia e Gran Bretagna hanno seguito l’esempio della Fed nell’annunciare aumenti dei tassi di interesse per frenare l’inflazione. L’oro, che non è soggetto a interessi ed è prezzato nella valuta statunitense, ha di solito una correlazione negativa con il dollaro e i tassi.
La scarsa performance dell’oro delle ultime settimane è dovuta anche al raggiungimento dei valori record su cui è difficile investire a rialzo data l’incertezza sui margini di guadagno. È probabile che la debolezza persista fino a che i timori di recessione o di una nuova escalation nel conflitto tra Russia e Ucraina riesca di nuovo a sostenere i prezzi.
La quotazione dell’oro spot è scesa dell’1,6% a 1.643,94 dollari l’oncia. Il valore del future scambiati sul Comex, che scadranno a dicembre, sono scesi dell’1,5% assestandosi intorno ai 1.655,60 dollari.
L’avversione al rischio e l’aumento della domanda da parte degli investitori possono tornare a influenzare le quotazioni; tuttavia, al momento prevale la sicurezza che l’inflazione possa efficacemente essere combattuta dalle politiche monetarie Usa e dell’eurozona. Gli investitori, quindi, preferiscono ancora attendere prima di spostare i capitali investendo nuovamente sull’oro.