Con le quotazioni del grano alle stelle, i contadini italiani hanno seminato con entusiasmo; ora con il prezzo in calo e l’aumento dei costi di produzione rischiano di chiudere in perdita.
È ciò che accade al 30% delle aziende italiane in campo agricolo; la semina è inoltre un momento fondamentale per contrastare una delle cause dell’inflazione ovvero l’aumento dei prezzi dei generi alimentari.
Rimangono alti i prezzi di fertilizzanti e gasolio necessari per le operazioni colturali. La congiuntura ha causato un aumento record dei prezzi dei prodotti agricoli pari al 12,6 %.
Secondo l’ultima analisi della Coldiretti da Russia e Ucraina arrivano complessivamente in Italia il 13% delle importazioni di mais e il 4,2% di quelle di grano. L’Italia riesce a soddisfare il fabbisogno di grano tenero utile per pane, biscotti e dolci per appena il 36%. Mentre per il grano duro necessario per la pasta l’Italia deve importare il 25% della materia prima.
Nonostante questo, nella seduta di mercoledì 31 agosto, alla Borsa merci di Foggia le quotazioni del grano duro hanno registrato un calo di circa 25 euro a tonnellata. Con la rendita dei terreni che si è attestata tra 20 e 25 quintali di grano per ettaro, la filiera cerealicola mostra segni di debolezza. C’è una possibilità non troppo remota che i produttori possano, a seguito di ulteriori cali di prezzo, scegliere di non seminare per la prossima stagione.
Rispetto a luglio, l’Indice Fao dei prezzi dei cereali si è contratto dell’1,4%, a trainare la flessione la diminuzione del 5,1% dei prezzi internazionali del grano. Uno dei motivi è il raggiunto accordo sullo sblocco del grano fermo da cinque mesi nei porti ucraini. Si evita così di entrare in una vera emergenza alimentare con l’arrivo di quasi un milione di tonnellate di mais per l’alimentazione animale, grano tenero per la panificazione e olio di girasole.
L’Ucraina rimane così uno dei principali produttori e rappresenta il 10% del commercio mondiale di frumento tenero e il 15% del mais per gli allevamenti. Oltre a questo il ribasso è riconducibile a prospettive di produzione più favorevoli nell’America settentrionale e nella Federazione russa, nonché a una ripresa delle esportazioni dai porti del Mar Nero in Ucraina.
La variazione repentina dello scenario internazionale alimenta i timori degli agricoltori italiani. A causa del conflitto in Ucraina il prezzo e la commercializzazione di cereali e grano, rimane incerta e riservare una sorpresa opposta; non una grave carenza ma bensì un surplus produttivo alimentato dall’andamento del mercato.
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