Acquisto o vendita che sia, sembra sempre andare in perdita rispetto alla somma che appare sul display, cosa sono questi costi nascosti
Acquistare o vendere un prodotto finanziario sembra un’operazione semplice: vedi un prezzo quotato, premi un tasto e la transazione si conclude. Ma chi è dentro le dinamiche sa perfettamente che non è proprio così. Le dinamiche con cui si va a impattare sono veramente tante, e spesso ci sono dettagli che passano completamente inosservati e che nel lungo periodo possono erodere gran parte dei guadagni.
Proprio per questo è importante studiare prima di iniziare a investire, e soprattutto conoscere al 100% il prodotto che si sta acquistando, monitorando il mercato, in modo da non fare passi falsi in caso di vendita. Stiamo parlando per esempio della presenza dei ‘costi nascosti’ legati alla compravendita di titoli. Costi che non vengono presi in considerazione quando si parla di finanza, ma che in realtà per i trader rappresentano logiche ormai scontate.
Ciò porta invece in errore chi si è approcciato da poco a questo mondo, o ha intenzione di farlo ma non l’ha ancora fatto, e quindi ha ancora tanto da imparare. I costi di cui stiamo parlando spesso rendono il prezzo finale meno conveniente di quanto previsto. Ecco perché accade che quando si acquista un’azione paghi un po’ di più del prezzo che appare sullo schermo, e quando si vende, si ottiene leggermente meno.
No, non è un inganno, neanche un errore, o una truffa delle piattaforme. Tutto ciò accade per una serie di meccanismi di mercato che influenzano ogni transazione e che possono pesare sulle finanze senza che il trader se ne accorga in tempo. Vediamo quindi di capire più nel dettaglio cosa succede nei momenti di compra-vendita.
Perché paghi di più quando compri e incassi di meno quando vendi?
Uno dei principali motivi per cui il prezzo di acquisto o vendita di un titolo è diverso da quello che ti aspettavi è lo spread bid-ask. In parole molto più semplici, ogni prodotto finanziario ha due prezzi: quello a cui puoi acquistarlo (ask) e quello a cui puoi venderlo (bid).
La differenza tra questi due valori rappresenta il guadagno di chi facilita la transazione, come i market maker: si tratta di una sorta di pagamento del servizio, se vogliamo sintetizzare il concetto al massimo. Se ad esempio il prezzo di un’azione mostra un bid di 10 euro e un ask di 10,05 euro, chi compra pagherà 10,05 mentre chi vende incasserà solo 10 euro. Questo significa che, immediatamente dopo l’acquisto, si sarà già in leggero svantaggio.
Ma lo spread non è l’unico elemento a incidere sul prezzo finale. C’è anche il fenomeno dello slippage, ovvero la differenza tra il prezzo che ti aspetti di ottenere e quello effettivamente eseguito. Questo accade soprattutto nei mercati volatili o poco liquidi, dove un grande ordine di acquisto può spingere il prezzo al rialzo immediato, prima ancora che la transazione venga completata, facendo pagare di più.
Lo stesso vale in fase di vendita: se il mercato si muove rapidamente al ribasso, si potrebbe ottenere un prezzo inferiore rispetto a quello atteso. Tutto ciò fa ragionare su quanto sia pericoloso il mondo degli investimenti e di come solo chi ha le spalle larghe riesce a uscirne realmente vivo, e con guadagni solidi alla mano.
Costi nascosti bid-ask e strategie per ridurre le perdite
Oltre allo spread e allo slippage, esistono altri costi spesso poco evidenti. Anche se molti broker pubblicizzano operazioni “senza commissioni”, in realtà guadagnano in modi meno trasparenti, come attraverso accordi con i market maker che eseguono gli ordini a prezzi leggermente meno vantaggiosi per te, in sostanza, te che investi alla fine finisci sempre a pagare un minimo di servizio, anche se titoloni pubblicitari hanno urlato ’senza commissioni’.
Inoltre, in alcuni mercati regolamentati possono esserci tasse di negoziazione o imposte sui titoli che incidono ulteriormente sul rendimento finale, e per chi investe in ETF bisogna considerare anche i costi di gestione annuali, che possono erodere i guadagni nel tempo. Certo, sono costi di gestione contenuti rispetto a quelli che si avrebbe se si dovesse affittare un luogo dove per esempio conservare ingenti acquisti di lingotti d’oro, ma si tratta pur sempre di spese di gestione che a fine anno vanno a incidere sul guadagno degli investimenti.
Per evitare che questi costi penalizzino eccessivamente il trader, ci sono anche alcune strategie da adottare. La prima è utilizzare gli ordini limit, che permettono di fissare il prezzo massimo che si è disposti a pagare per un acquisto o il minimo che si accetta per una vendita. Questo aiuta a evitare esecuzioni sfavorevoli nei momenti di alta volatilità.
Inoltre, scegliere titoli con elevata liquidità è un altro modo per ridurre i costi: azioni di grandi aziende o ETF molto scambiati tendono ad avere spread più ridotti e quindi di riflesso anche una minore probabilità di slippage. Rimane poi essenziale confrontare i diversi broker e informarsi sui loro modelli di esecuzione degli ordini: il confronto, come ben sappiamo, è l’unico modo per tastare con mano la realtà e capire qual è la piattaforma più conveniente a prescindere dai passa parola, dai suggerimenti dei guru sui social o dagli sbandieramenti pubblicitari.