Sono giunte al termine le sessioni dei lavori al vertice del G20 che hanno visto come protagonisti i ministri dell’economia del maggiori paesi industrializzati.
Le economie europee sono volute arrivare al vertice del G20 mettendo al centro quelle che sono stati i temi principali da discutere: La lotta all’evasione fiscale e all’impatto delle attività umane sui cambiamenti climatici.
Le maggiori economie mondiali messe sotto i riflettori hanno cercato di portare a conclusione accordi di portata storica e internazionale, in grado di modellare gli assetti legislativi ed economici di almeno 130 paesi nel mondo, che dal mese di giugno avevano confermato la loro intenzione e la possibilità di applicare in ambito legislativo un aliquota minima globale, che sarà impostata in modo da agevolare quante più economie possibili.
L’accordo mira ad aiutare i governi a finanziarsi in un momento nel quale la spesa pubblica ha subito l’aggravarsi della crisi sanitaria, impedendo che le aziende possano trovare un territorio disposto a concedergli un vantaggio fiscale. Nonostante la generale presa di consapevolezza dell’indispensabilità di un accordo valido per tutti, al fine di fermare l’insensata corsa al ribasso dell’imposizione fiscale, con le aziende multinazionali che riescono comunque a eludere gran parte dei prelievi, alcuni paesi come la Francia e gli Stati Uniti spingono per un aliquota superiore al 15%.
L’impegno inderogabile sul clima non trova sufficienti adesioni
Aumentando la cooperazione su base internazionale è possibile adottare progetti lungimiranti in grado di incidere su quelli che sono i temi in grado di modificare le sorti dell’economia e del cambiamento climatico, che per ora sembra essere stato messo in secondo piano, non ricevendo sufficienti adesioni per un processo comune valido a livello globale, tale da concertare una tabella di marcia per raggiungere la neutralità ecologica entro il 2050.
I Paesi del G20 hanno una grande responsabilità nel portare a compimento la decarbonizzazione della propria economia, rappresentando la forza trainante per il cambiamento, senza il quale sarà impossibile ridurre le emissioni inquinanti e fermare il riscaldamento globale, con effetti deleteri e imprevedibili dovuti agli sconvolgimenti climatici.
Le nazioni coinvolte in prima istanza nel dibattito sono infatti responsabili per 80% delle emissioni globali di Co2 e devono dare chiari segnali per un cambio di paradigma. Tra le misure che dovranno essere messe in campo è previsto un aumento dei costi sulle imposte da emissioni di Co2, che non trova tuttavia l’accordo e la sinergia dei paesi coinvolti. India e Arabia Saudita cercheranno di avvantaggiarsi economicamente, non prevedendo nessun percorso ufficiale per diminuire l’impatto ambientale e avvantaggiando le proprie aziende, che non dovranno riadattare la propria produzione agli standard ecologici.
I paesi in via di sviluppo hanno dichiarato che non saranno in grado di intensificare i loro obiettivi in materia di cambiamento climatico, fino a quando i paesi più ricchi non avranno compensato le difficoltà economiche, portando a termine lo stanziamento di finanziamenti pari 100 miliardi di dollari all’anno. A questo fine la segretaria del Tesoro USA Janet Yellen ha detto che metterà a disposizione una piattaforma di discussione per coordinare la volontà e le proposte dei paesi non allineati agli obbiettivi ecologici.
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L’Unione Europea ha fatto del cambiamento climatico una priorità a livello istituzionale
L’Unione Europea ha fatto del cambiamento climatico una priorità a livello istituzionale, fino a coinvolgere una delle sue più alte istituzioni, la Banca Centrale Europea.
La maggiore istituzione finanziaria dell’Unione ha messo a chiare lettere le sue intenzioni nel comunicato stampa, che è seguito alla riunione del suo consiglio direttivo giovedì 8 luglio, durante il quale sono state approvate le modifiche alla nuova politica monetaria. La volontà della BCE di proseguire la sua politica espansiva mantenendo l’inflazione al 2% senza scostamenti, si sposa con le premesse di un maggiore impegno fiscale al fine di sostenere i progetti di modernizzazione e di cambiamento strutturale delle economie dei paesi membri.
Se è vero che edilizia e grandi opere saranno i protagonisti degli investimenti dei prossimi anni, queste verranno realizzate all’insegna dei grandi temi che animano il rilancio delle costruzioni, concernenti l’efficienza energetica e l’impatto ambientale.
Solo in Italia l’impatto del PNRR in termini di ricchezza e di lavoro sarà significativo e stimato tra il 2024 e il 2026 al 3,1%. Questa ricchezza è già in parte scontata nelle caratteristiche attuali degli edifici e di conseguenza nelle modifiche che verranno apportate al fine di migliorarne la sostenibilità ambientale.
Gli investimenti saranno scontati nella coibentazione degli edifici a vantaggio delle aziende che si occupano di isolamento termico, non che di impianti di riscaldamento e condizionamento del microclima domestico. In secondo luogo avvantaggeranno le aziende di impianti che producono energia rinnovabile come quello fotovoltaico che potranno essere utilizzati per migliorare l’efficienza urbanistica, convertendo l’uso degli spazi in un ottica di maggiore rendimento energetico.