Nonostante la diplomazia tra gli stati produttori sia riuscita il 14 luglio a raggiungere un accordo comune sulla futura produzione di greggio, il prezzo in meno di una settimana è tornato nuovamente intorno ai 74 dollari al barile, poco sotto i massimi raggiunti all’inizio del mese.
L’avvenuto accordo tra Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti, i quali richiedevano un aumento della propria produzione dagli attuali 3,2 fino ai 3,8 milioni di barili, hanno realizzato in pochi giorni una contrazione del prezzo arrivata dai 77 dollari ai minimi del 19 luglio quando il greggio aveva stabilito un nuovo minimo relativo a 67,75 dollari. Una differenza del 9% che è stata tuttavia rapidamente riassorbita dall’aspettativa che il prezzo dei carburanti possa proseguire nella sua corsa, legittimata dal ciclo economico e produttivo che non ha ancora raggiunto il suo picco, data l’attuale rallentamento del turismo e del settore dei trasporti.
E come negli Usa anche alle nostre latitudini gli effetti della febbre dell’oro nero hanno avuto risvolti sui prezzi dei beni al consumo, aumentati a maggio del 1,3%, rilevando l’aumento più alto degli ultimi due anni. Il livello tendenziale di crescita dei beni primari come acqua, elettricità e benzina sono stati supportati dalla tendenza del greggio e hanno visto un’impennata del 5,9%, così anche il costo dei trasporti salito del 4,8%.
Dal punto di vista tecnico, il prezzo del future sul Brent Oil che aveva raggiunto i suoi massimi storici il 6 luglio a quota 77,80 ha avuto una tendenza regolare rialzista fino al rinnovo degli incontri Opec, caratterizzati dalle indecisioni e dai disaccordi tra i paesi produttori. L’aumento della produzione ha determinato una chiusura delle posizioni speculative, che hanno portato le quotazioni a 67,44 dollari, in quello che è stato l’unico ritracciamento significativo di una tendenza che si protraeva su un time frame giornaliero, senza concedere spunti operativi da almeno il 24 maggio.
La chiusura di ieri a 74,48 dollari ha messo in evidenza la tenuta di un supporto a 72,14 dollari che potrebbe sostenere nel medio termine le quotazioni, con l’inizio di un ciclo rialzista che potrebbe portare le quotazioni ameno fino ai 76 dollari. La cautela su questo asset dev’essere considerata in conformità alle influenze sull’aspettativa, generate dalle notizie concernenti l’evoluzione della pandemia.
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Sulla rete dei distributori di carburanti nazionale prevale in questo senso ancora la calma, le quotazioni dei prodotti petroliferi venduti in Italia hanno chiuso in salita. Tuttavia le compagnie presenti sul territorio hanno deciso di non modificare ancora i prezzi che rimarranno stabili intorno ai 1,656 euro al litro, che si conferma un prezzo equo visti gli incrementi dei beni energetici saliti lo scorso mese di circa il 14% su base annuale.
Nel nostro Paese la ripresa della domanda, a parità di condizioni invariate degli accordi sui livelli di produzione OPEC, potrà manifestare gli effetti sul prezzo dei carburanti entro i prossimi sei mesi, successivamente la robusta ripresa della domanda e l’apertura dei cantieri, previsti dal piano nazionale di ripresa e resilienza con il beneficio del mercato del lavoro, sconteranno completamente la domanda interna definendo la stabilità del prezzo.
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