Un dollaro sempre più forte e accresciuti timori per una recessione influiscono sulla quotazione del greggio.
I future sul greggio statunitense sono saliti dell’1,60% a 80 dollari al barile, mentre il contratto Brent è arrivato a circa 86,19 dollari. Entrambi i contratti sono scesi vicini ai livelli più bassi dall’inizio di gennaio.
Nella sessione di venerdì i prezzi del petrolio hanno toccato un minimo degli ultimi otto mesi quando i futures sul greggio West Texas Intermediate sono scesi del 6% arrivando a 78 dollari al barile. Prosegue la tendenza la ribasso frutto di un’aspettativa di rallentamento generale dell’economia. Oltre questo l’aspettativa è la rinuncia dell’UE a imporre un tetto al prezzo del petrolio importato dalla Russia.
Mentre la domanda di alcuni prodotti raffinati statunitensi può crescere in relazione alla stagionalità, l’inverno non sembra per ora sufficiente a invertire la tendenza a ribasso.
La Commissione Europea ha incontrato gli Stati membri nel fine settimana per cercare di trovare un compromesso sulle sanzioni alla Russia. Sembra difficile questa volta colpire il paese con nuove restrizioni economiche senza accelerare notevolmente gli effetti negativi dei costi energetici anche in Ue.
Le nazioni dell’Unione europea alla prova dell’inverno
Mentre le nazioni dell’Ue cercano di raggiungere un accordo sull’imposizione di un tetto massimo al prezzo del petrolio russo, il presidente Putin minaccia una mobilitazione parziale delle truppe per cercare di circoscrivere la durata del conflitto. L’autunno sarà per gli scontri sul terreno la stagione più difficile, mentre l’inverno riporterà il campo di battaglia alla consistenza adatta per la movimentazione a terra.
È chiaro che nessuna delle parti farà marcia indietro su quanto ottenuto fin’ora. Nel frattempo, il dollaro sempre più forte a causa dell’aggressività della politica monetaria Usa diventa un ostacolo alla domanda di greggio. Il dollar index costituito da un paniere di cambi principali con il dollaro ha raggiunto in questi giorni il massimo da 20 anni.
L’influsso della forza eccessiva del dollaro su materie prime e indici azionari
La forza del dollaro tende a ridurre la domanda di materie prime, incluso il petrolio, rendendole semplicemente più costose. I membri dell’Opec+ si incontreranno il 5 ottobre, dopo aver concordato un taglio simbolico della produzione nella riunione precedente. L’aspettativa degli investitori è un ulteriore taglio della produzione. Gli ultimi dati sul posizionamento dei trader sul greggio di martedì hanno mostrato come si stiano accumulando posizioni lunghe nette su entrambi i contratti benchmark.
La forza del dollaro ha un impatto notevole anche sugli utili dell’indice azionario principale Usa. Il chief equity strategist di Morgan Stanley Michael Wilson, uno dei più espliciti nel delineare una fase negativa per il mercato finanziario di Wall Street, ha calcolato, in una nota di lunedì, che ogni aumento dell’1% dell’ICE U.S. Dollar Index ha un impatto negativo dello 0,5% sugli utili dell’S & P 500.