Nei prossimi mesi faranno il loro debutto sulla scena italiana i Pepp, prodotti pensionistici in forma digitale che andranno ad aggiungersi agli altri della previdenza complementare.
Nella seconda metà dell’anno o al più tardi all’inizio del 2023 in Italia, così come in altri Paesi europei, verranno commercializzati i tanto attesi Pepp. Sono prodotti pensionistici ad adesione individuale paneuropei che vanno ad arricchire il settore della previdenza complementare.
E’ del 5 maggio l’ok del Consiglio dei ministri alla bozza di decreto legislativo per accogliere nel nostro sistema previdenziale la normativa comunitaria. Il tutto passerà poi alle commissioni parlamentari che nei 60 giorni successivi sono tenuti ad esaminarla e fornire eventuali osservazioni.
Già nel 2017 la Commissione UE aveva proposto questi prodotti, che nei prossimi mesi dovrebbero diventare realtà anche se al momento non c’è ancora nessuna registrazione nell’elenco dell’Eiopa, l’autorità di vigilanza, e molti stati devono ancora produrre il proprio quadro normativo.
In Italia il regolamento UE 2019/1238 sui Pepp è applicabile dallo scorso 22 marzo, per cui si lavora per favorire la loro futura commercializzazione. In ogni caso le autorità competenti si riservano di poter intervenire con decreti correttivi una volta che i Pepp diventeranno realtà.
I Pan-European personal pension product sono dei prodotti pensionistici europei che andranno ad aggiungersi ai PIP, Piani individuali pensionistici e ai fondi pensione aperti. Anch’essi hanno la caratteristica di essere individuali ma ciò che li rende innovativi e pratici è la possibilità di utilizzarli in ogni Paese UE. Ad esempio se si sottoscrive il prodotto in Italia ma poi si va a vivere in Spagna si continua l’accumulo dei contributi sullo stesso prodotto.
Li potranno commercializzare banche, compagnie assicurative, gestori patrimoniali, fondi pensione professionali e anche qualche società di investimento. Ogni stato membro ha le proprie condizioni per cui è necessario dare vita a dei sotto conti nazionali che tengano conto dei vari requisiti. I Pepp permettono il cambio di fornitore ogni 5 anni e il tetto massimo dei costi, nella versione base, è fissato all’1% su base annua del capitale accumulato.
La contribuzione e l’adesione dei Pepp è volontaria e dal reddito complessivo si potranno dedurre i contributi fino ad un massimo di 5.164,57 euro.
I trattamenti pensionistici si potranno ricevere sia sotto forma di rendita che in alcuni casi con prelievo parziale ed anche in forma di capitale in un’unica soluzione. Un’altra peculiarità di questi prodotti è che sono emessi in forma digitale. Questo dovrebbe attirare l’attenzione delle nuove generazioni verso le nuove forme integrative di previdenza.
Naturalmente affinché i Pepp decollino occorre anche considerare il tipo di regime fiscale applicato. Essi dovrebbero ricevere i medesimi sgravi fiscali dei prodotti individuali nazionali, ovvero vedere applicata un’aliquota del 20% sul maturato. E visto che ogni Paese UE ha il proprio regime fiscale bisogna assicurare all’investitore che al suo sotto conto nazionale venga applicato lo stesso regime fiscale.
Quanto a possibili svantaggi ne segnaliamo due in particolare. Il primo limite è quello legato alla maturazione dei requisiti per avere il trattamento pensionistico e l’altro è l’impossibilità di versare nei Pepp il TFR. Al contrario dei fondi pensione integrativi i Pepp non permettono il versamento del trattamento di fine rapporto e nemmeno di ulteriori contributi del datore di lavoro.
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