Il pignoramento del conto corrente prevede una serie di conseguenze economiche sul debitore. Ma, esiste un “trucco” per nascondere i soldi.
Quando si contrae un debito è possibile imbattersi nel cosiddetto pignoramento del conto corrente. Questa possibilità rientra nella categoria dei pignoramenti conto terzi. Si tratta del diritto del creditore di rifarsi sui beni del debitore, che non sono direttamente nella sua disponibilità.
Il conto corrente è un bene conto terzi, dal momento che le somme di denaro depositate non sono fisicamente nella disponibilità del debitore, ma sono gestite dall’istituto di credito.
Ciò vuol dire che quando un soggetto contrae un debito, il creditore ottiene il diritto a rifarsi sui beni conto terzi del debitore. In questo modo, il creditore ha la facoltà di attaccare anche il deposito bancario.
Tuttavia, al fine di tutelare il debitore, la legge stabilisce dei limiti che permettono al quest’ultimo di salvaguardare il proprio patrimonio e di conservare la possibilità di vivere un’esistenza dignitosa.
Anche se c’è un metodo legale che permette di “nascondere” il denaro presente sul conto corrente, evitando che il creditore possa attaccarlo.
Il pignoramento del conto corrente rappresenta un’azione esecutiva che scatta nel momento in cui il titolare dello stesso non è in grado di onorare i propri debiti. Dal momento che si tratta di un titolo esecutivo, è necessario che la possibilità di pignorare il conto corrente sia stabilita tramite sentenza o un atto giudiziario o un decreto ingiuntivo.
Affinché possa scattare il pignoramento del conto corrente occorre che sia stato eseguito l’iter giudiziario previsto dalla normativa.
Nel momento in cui viene concessa al creditore la possibilità di rifarsi sul conto corrente del debitore è stabilito anche il limite massimo di prelievo. Il suddetto tetto massimo serve a tutelare il debitore e ad evitare che finisca in miseria.
Nel caso in cui il conto corrente è cointestato, il pignoramento può colpire solo il 50% del deposito di denaro.
L’atto di espropriazione del deposito di denaro su un conto corrente può avvenire solo dopo la notifica inviata al correntista debitore. Il titolo esecutivo prevede che venga inviata la notifica di un atto di precetto e un atto di pignoramento. Quest’ultimo è inviato anche alla banca, ovvero all’istituto di credito dove fisicamente è ubicato il deposito bancario.
Una volta ricevuto l’atto di pignoramento, la banca ha l’autorizzazione a bloccare una determinata somma di denaro. Si tratta di un vero e proprio congelamento, che impedisce al debitore di accedere ad una percentuale del proprio conto corrente.
Tuttavia, nel caso di debiti maturati nei confronti del fisco, la legge concede all’Agenzia delle Entrate la possibilità di pignorare le somme di denaro presenti sul conto corrente del debitore, senza chiedere l’intervento di un tribunale.
Nel caso in cui il debitore percepisca il rischio che il proprio conto corrente possa essere pignorato, ha la possibilità di spostare le somme di denaro. Dove? Purtroppo spostare le cifre contenute da un conto corrente bancario ad un altro strumento, come una carta prepagata o una carta conto con IBAN, non mette a sicuro il debitore dal pignoramento.
L’unico modo per proteggere il proprio capitale, nel caso in cui si avverta nell’aria il rischio di pignoramento, è effettuare un prelievo e conservare il denaro contante in casa o in un luogo sicuro. Oppure il debitore può inviare il denaro sul conto corrente di un’altra persona, come un familiare o un amico.
La legge prevede specifici casi per i quali non è possibile pignorare le somme di denaro contenute sul conto corrente.
Questa possibilità è ammessa quando il deposito bancario è alimentato da:
La legge inoltre prevede dei limiti al pignoramento del conto corrente. Di fatto, la misura massima prelevabile è pari a un quinto dell’emolumento versato sul conto.
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