Pignoramento dall’Agenzia delle Entrate: ecco chi rischia di più

Il pignoramento dell’Agenzia delle Entrate è una procedura esecutiva che ha ad oggetto somme di denaro beni mobili e beni immobili.

Il pignoramento può riguardare la sottrazione di una somma di denaro dallo stipendio, dalla pensione, dal conto corrente o dei canoni di locazione. Si tratta di un’espropriazione forzata che avviene in seguito alla notifica dell’avviso di intimazione, purché questa sia retrodatata a più di un anno.

Il pignoramento dell’Agenzia delle Entrate può colpire determinati beni di proprietà del soggetto a cui è stato notificato l’avviso di intimazione.

Questa procedura, quasi sempre, si abbatte sullo stipendio, sulla pensione o sul conto corrente bancario o postale. Difficilmente colpisce la prima casa, a meno che non si tratti di una casa di lusso usi Il debitore è titolare anche di altri immobili come terreni o fabbricati.

Oggi scopriremo quanto può pignorare l’Agenzia delle Entrate e quando questa procedura esecutiva ricade sullo stipendio, sulla pensione o su un deposito di denaro.

Pignoramento dell’Agenzia delle Entrate: quando è possibile

Il procedimento di pignoramento dell’Agenzia delle Entrate può avvenire per diverse ragioni: una di queste è il mancato pagamento delle tasse. Di fatto, si tratta di una procedura esecutiva che prevede diverse fasi:

  • La notifica al contribuente dell’avviso di accertamento che riguarda l’imposta non versata.
  • Il debitore ha 5 giorni di tempo per effettuare il versamento, fermo restando la possibilità di richiedere la rateizzazione dell’importo.
  • Notifica della cartella esattoriale con obbligo di pagamento entro 60 giorni.

Per gli importi inferiori a €1.000 i tempi relativi all’obbligo di versamento restano invariati, fermo restando che non è possibile procedere con azioni esecutive prima di 120 giorni dalla comunicazione.

Per le cartelle esattoriali il cui valore supera €1.000, l’Agenzia delle Entrate ha la possibilità di procedere al pignoramento che deve avvenire entro un anno dalla comunicazione.

Trascorsi 12 mesi dalla notifica dalla ricezione della cartella esattoriale, l’esattore ha il compito di fare un sollecito, chiamato anche “intimazione di pagamento”, senza il quale l’esecuzione forzata è illegittima.

Spesso dalla data di notifica della cartella all’effettivo pignoramento possono passare mesi o anni.

Il mancato pagamento delle tasse

Quali sono le imposte o i tributi che potrebbero comportare un pignoramento? La maggior parte delle cartelle esattoriali sono emesse in seguito al mancato pagamento di un’imposta o di un tributo dovuto all’Erario. Ci stiamo riferendo ad aliquote quali l’IVA, l’Irpef e altre.

È possibile incorrere in un pignoramento anche in caso di mancato versamento di tributi dovuti agli enti locali: IMU, TARI, TASI, imposta di bollo, etc.

In tutti questi casi l’Agenzia delle Entrate ha la facoltà di procedere al pignoramento di parte dello stipendio o della pensione del debitore.

Quali sono i limiti del pignoramento

Il pignoramento da parte dell’Agenzia delle Entrate può avvenire entro certi limiti, secondo quanto stabilito dalla legge. I suddetti limiti, però, sono rivolti solo ai contribuenti titolari di pensione o di stipendio da lavoro dipendente. In merito a questa categoria di contribuenti, la legge stabilisce che il pignoramento deve permettere al debitore di continuare a vivere una vita dignitosa.

Per tutte le altre categorie di contribuenti, la normativa non prevede alcun limite alla possibilità di pignoramento di redditi o di somme di denaro dal conto corrente, ad opera delle Agenzia delle Entrate.

Ad esempio, un debitore che percepisce mensilmente un canone di locazione potrebbe vedersi pignorare l’intera mensilità che viene versata dall’inquilino.

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