I casi di discriminazione in azienda possono essere molto diversi tra loro e possono riguardare anche coloro che beneficiano dei cosiddetti permessi legge 104 per assistere un familiare in condizioni di disabilità.
I premi di risultato non concessi a chi sfrutta il permesso rappresentano una violazione di norme di rilievo internazionale.
pixabayTutti i lavoratori avranno già sentito parlare della legge 104 e delle sue numerose tutele. Si tratta di un provvedimento che rappresenta da molti anni ormai il riferimento legislativo “per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”.
Beneficiari delle garanzie della legge 104 sono i cittadini disabili, ma vi sono anche norme di tutela per chi vive con loro, di solito i caregiver di queste persone. D’altronde è ben noto che l’autonomia e l’integrazione sociale dell’individuo in condizione di handicap, si raggiungono garantendo a lui e alla sua famiglia opportuno sostegno. Il riferimento va a forme di supporto personale o familiare, ma rilevano anche gli aiuti di ambito psicologico e di natura tecnica – in base alle varie esigenze quotidiane del disabile.
Di seguito intendiamo considerare i rapporti tra permessi legge 104, ovvero un particolare istituto di garanzia previsto nel provvedimento del 1992 e i cd. premi di risultato. Infatti recentemente i giudici hanno affermato un principio molto importante su questi temi, mirato a proteggere contro casi di discriminazione. Qual è? Scopriamolo insieme nel corso di questo articolo.
Permessi legge 104 e premi di risultato: il contesto di riferimento
Prima di vedere da vicino le ultime novità giurisprudenziali, ricordiamo in breve che cosa si deve intendere per permessi legge 104 e premi di risultato. In buona sostanza:
- i permessi legge 104 rappresentano una specifica tutela grazie alla quale alle persone con disabilità, a certe condizioni, è consentito di assentarsi dal lavoro. Di essi possono usufruire, per evidenti ragioni di ordine pratico, anche i lavoratori che devono assistere un familiare disabile. Si tratta di 3 giorni mensili di permessi retribuiti. La legge indica anche i permessi legge 104 a ore, in quanto i tre giorni di permessi 104 possono essere frazionati in ore (mezze giornate).
- i premi di risultato, come dice la parola stessa, sono riconoscimenti e strumenti di incentivazione erogabili con compenso in busta paga del lavoratore. Essi si sommano ed integrano la normale retribuzione. I premi in oggetto, detti anche premi di produttività, rappresentano di fatto soluzioni mirate al raggiungimento di un obiettivo – aziendale o individuale – o al miglioramento delle performance dei lavoratori. Grazie ad essi avrà un beneficio il dipendente e la stessa azienda, che avrà lavoratori ancor più motivati in ufficio.
Come ora vedremo, questi due istituti – il primo ideato dal legislatore mentre il secondo frutto della libera scelta aziendale – sono da ritenersi compatibili tra loro in linea generale. Altrimenti si sconfina in un caso di discriminazione fondato sulla disabilità.
Permessi legge 104, premi di risultato e discriminazione: i giudici fanno chiarezza
Secondo una sentenza della Corte di Appello di Torino dello scorso giugno, consiste in una discriminazione diretta il caso nel quale è escluso il premio di risultato per i permessi legge 104. Recentemente la giurisprudenza ha fatto il punto sulla discriminazione basata sulla disabilità in rapporto ai sistemi premianti riguardanti la presenza in servizio.
In particolare secondo questo giudice un sistema retributivo incentivante, disposto in un accordo aziendale, che taglia fuori dal premio di risultato coloro che si avvalgono del sistema di permessi di cui alla legge 104, darebbe luogo ad una lampante discriminazione e violazione dei diritti del lavoratore (e del disabile). Detta discriminazione sarebbe fondata proprio sullo stato di disabilità, che porta all’utilizzo del permesso legge 104 da parte del lavoratore con handicap o dei familiari che lo assistono.
D’altronde a rafforzare la tesi della Corte di Appello di Torino, vi sono varie norme di rilievo internazionale, contenute nella Carta di Nizza, nella direttiva 2000/78/CE e nella nota posizione della Corte di Giustizia UE. Esse sono tutte accomunate dalla linea per cui è da considerarsi vietata ogni forma di discriminazione a lavoro – proprio a causa della disabilità – e anche nei confronti del lavoratore non disabile che, in virtù dei permessi legge 104, assiste il familiare con handicap. Perciò discriminatoria è la regola dell’accordo aziendale che non consente l’attribuzione del premio di risultato per la performance in ufficio, al lavoratore che sia servito del permesso legge 104 – rispettando termini e modalità di cui alla legge per tutela e l’integrazione delle persone handicappate.