Non ci sono buone notizie per chi sta aspettando con ansia la pensione dopo una vita dedicata al lavoro. Specie per chi nasce dopo il 1960.
Nulla di particolarmente grave, intendiamoci. E soprattutto niente di irreparabile. Ha parlato il direttore generale dell’Inps, Valerio Vittimberga e non ci sono proprio buone notizie, anche se da una parte un sorriso ci può scappare.
L’unica consolazione è che le aspettative di vita si alzano, almeno secondo l’INPS. Ma proprio per questo motivo potrebbe esserci una brutta sorpresa per chi è nato soprattutto nel 1960 ma anche negli gli anni a seguire, che sono ad un passo dalla tanto agognata pensione dopo una vita spesa per il lavoro. Tutta ‘colpa’ della Fornero che nel bene o nel male esce fuori ogni volta che si parla di pensioni. Secondo la sua riforma, infatti, ogni 2 anni si verifica l’adeguamento automatico dei requisiti per l’accesso alla pensione con le aspettative di vita. L’ultimo incremento all’età pensionabile ci fu nel 2019 con 5 mesi in più rispetto ai 67 anni.
A spiegare le novità in Commissione parlamentare è stato il presidente dell’INPS, Valerio Vittimberga, tema dell’audizione: il controllo sugli enti previdenziali. Il Governo non avrà più molto tempo per confermare o rifiutare le proposte dell’INPS perché il direttore dell’Istituto ha fissato dei tempi massimi.
Dunque vivremo di più e andremo in pensione più tardi. Non di molto, certo, ma chi è ad un passo dal sogno, dovrà pazientare ancora.
Dal 2027 servirà lavorare più tempo, 3 mesi al momento. Solo il governo può impedirlo, in quella che Vittimberga ha definito come una “decisione prettamente politica”. Quindi salirebbe il requisito di accesso alla pensione di vecchiaia (67 anni e 3 mesi), e alla pensione anticipata che passa dagli attuali 42 anni e 10 mesi a 43 anni e 1 mese (un anno in meno per le donne).
L’incremento varrebbe anche sulle opzioni contributive del pensionamento di vecchiaia e anticipato che rispettivamente aumentano a 71 anni e 3 mesi e 64 anni e 3 mesi, come anche per coloro che hanno aderito alle opzioni di scivolo come l’isopensione o il contratto di espansione. La cattiva notizia per i nati dopo il 1960 – quindi chi compie i 67 richiesti per la pensione di vecchiaia proprio dopo il 2027, ma anche per quelli che hanno in programma di smettere di lavorare tra poco meno di due anni, è che il governo ha poco tempo per trovare le risorse necessarie a bloccare il cambiamento, circa 4 miliardi di euro. Ora la parola spetta all’Esecutivo della premier Meloni. Noi, intanto, godiamoci la bella notizia che probabilmente vivremo di più.
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