In ipotesi di sottoscrizione di un nuovo contratto a tempo indeterminato, per l’esodato viene meno la salvaguardia pensionistica. Lo ha chiarito la Cassazione.
Secondo la Corte di Cassazione, non sussiste salvaguardia pensionistica se la persona esodata è stata riassunta dopo il 31 dicembre 2011 con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. E ciò indipendentemente dalla durata di quest’ultimo.
Una utile e recente sentenza della Corte di Cassazione fa chiarezza su pensioni, condizione di esodato, salvaguardia pensionistica e stipula di un contratto a tempo indeterminato. La Suprema Corte ha in particolare chiarito che non sussiste salvaguardia pensionistica se l’esodato è stato riassunto dopo il 31 dicembre 2011 con contratto a tempo indeterminato. E non fa differenza il fattore durata, ovvero se il rapporto di lavoro è terminato dopo poco tempo, alla fine del periodo di prova.
E proprio così e il fondamento della decisione della Corte sta nella legge. Secondo le norme infatti non vi sono dubbi: non si è più ‘esodati’ se dopo il 31 dicembre 2011, subentra la firma di un nuovo contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato.
Vediamo allora qualche ulteriore dettaglio della pronuncia della Corte di Cassazione, che sicuramente è di indubbio valore dal punto di vista pensionistico.
Lo abbiamo appena accennato: basta la firma del nuovo contratto a tempo indeterminato. Se ricorre detta circostanza il lavoratore perde i benefici dei regimi di salvaguardia pensionistica stabiliti di volta in volta dal legislatore, per anticipare la pensione.
La sentenza di riferimento è la n. 21360 del 2021: in essa la Cassazione ha fatto chiarezza sulle condizioni per conservare le regole di pensionamento antecedenti alla Fornero.
Le tutele pensionistiche per i lavoratori, come noto, sono state assegnate in favore di soggetti che alla fine del 2011, data di entrata in vigore della Legge Fornero, avevano firmato accordi per la cessazione del servizio oppure erano senza un’occupazione o in stato di precarietà. Diversi i provvedimenti varati in tema, l’ultimo con la legge n. 178 del 2020, in base a cui i beneficiari della misura continuano ad avvalersi delle vecchie regole in materia di requisiti di accesso e di decorrenza, anche se il diritto al pensionamento matura dopo il 31 dicembre 2011.
Tra le condizioni per la salvaguardia pensionistica abbiamo che il rapporto di lavoro subordinato si sia risolto sulla scorta di accordi individuali o collettivi entro il 31 dicembre 2011 senza aver iniziato, dopo la risoluzione, un’attività di lavoro a tempo indeterminato.
La decisione della Corte prende le mosse dalla vicenda di un lavoratore che, dopo la fine del rapporto di lavoro alle Poste, era stato assunto a tempo indeterminato presso un differente datore di lavoro. L’esperienza lavorativa durò tuttavia poco tempo, essendo il lavoratore stato licenziato dopo appena 30 giorni – per mancato superamento del periodo di prova.
Nel dettaglio, la domanda di pensionamento anticipato fu respinta sia in primo grado che in appello. A conferma dell’irrilevanza del fattore precarietà del rapporto di lavoro soggetto a prova, abbiamo la posizione della Cassazione che ha appunto escluso dal beneficio pensionistico coloro che abbiano firmato un contratto di lavoro a tempo indeterminato. Così infatti indicherebbe la legge, senza lasciar spazio ad altre possibili interpretazioni.
Concludendo, la vicenda su cui si è espressa la Suprema Corte resta allora al di fuori della salvaguardia pensionistica. Infatti, il lavoratore perde il diritto alla salvaguardia in oggetto se, dopo il 31 dicembre 2011, egli – in qualità di ‘esodato’ – accetta un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, e ciò al di là delle successive motivazioni che abbiano comportato la fine anticipata del rapporto di lavoro.
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