L’Italia è tra le nazioni con un’economia di mercato in cui, secondo dati Ocse, c’è uno dei sistemi previdenziali è più costosi. Una percentuale del 15,4% del Pil è dedicato alle pensioni.
Così l’OCSE nel suo report Pensions at a glance 2021 osserva che la spesa pensionistica pubblica italiana è al secondo posto tra le più alte dei Paesi dell’Ocse, pari al 15,4% del Pil nel 2019.
Un mercato del lavoro sempre da rimettere in discussione con un rapporto debito Pil in aumento e un’economia stagnante. Il sistema contributivo italiano si regge su un precario equilibrio e si alimenta su una ridotta forza lavoro. Le prestazioni pensionistiche per la vecchiaia forniscono un reddito alle persone che si ritirano dal mercato del lavoro o garantiscono un reddito quando una persona ha raggiunto un’età pensionabile standard.
Le pensioni del futuro si basano su aspettative sempre più irrealistiche; diminuiscono le nascite e aumenta l’età media
Attualmente questa è pari a 67 anni, ma gli italiani sempre più sognano di smettere di lavorare quanto prima. Più passa il tempo, più l’età alla quale le nuove generazioni desiderano andare in pensione sembra diminuire. I ventenni puntano al ritiro a 55 anni, i trentenni a poco meno di 60.
Le aspettative irrealistiche si confrontano anche con l’assenza di crescita demografica. Nel 2018, il tasso di natalità in Italia ha raggiunto un minimo storico di appena 440.000 nascite. L’invecchiamento della popolazione, sarà rapido e nel 2050, tra meno di 30 anni la popolazione scenderà a quota 54 milioni. Parallelamente, l’età media si alzerà arrivando a 53,6 anni.
Difficile in questo contesto immaginare come il sistema previdenziale possa garantire un futuro economico ai pensionati. Negli ultimi 20 anni, la crescita dell’occupazione, anche attraverso carriere più lunghe, ha compensato più della metà della pressione demografica sulla spesa pensionistica. Anche con questo sistema però questa è aumentata tra il 2000 e il 2017 del 2,2% del Pil.
Peggio di noi rispetto al rapporto tra Pil e costi del sistema previdenziale c’è la Grecia con una spesa di poco superiore e pari al 15,48%. Non solo il mercato del lavoro quindi ma l’incremento dell’invecchiamento riveste un fattore impossibile da ignorare. All’assenza di nuove nascite si affianca una scarsa immigrazione e un’età legale di pensionamento alta.
Le stime sull’aumento della spesa pubblica per le prestazioni previdenziali in Italia
Secondo i dati dell’istituto internazionale in Italia, una lavoratrice che inizia la sua carriera a 27 anni ed è disoccupata per 10 anni nell’arco della sua vita professionale, riceverà una pensione inferiore del 27% rispetto a quella di una lavoratrice a tempo pieno, contro la media del 22% inferiore nell’area dell’OCSE. Il reddito medio di chi ha più di 65 anni è inferiore del 15% rispetto a 20 anni fa e nonostante l’aspettativa di vita sia delle più alte questa non consente di estendere in maniera proporzionale la vita lavorativa.
Nel documento di Economia e Finanza approvato il mese scorso dal Governo la spesa per le pensioni è destinata a salire. L’aumento della spesa pubblica stimata è del 16,7% del Pil nel 2030 con un picco del 17,4% nel 2036.