Anche le casalinghe vanno in pensione, ma con la novità sui contributi ci sono ancora più vantaggi rispetto agli anni scorsi
Nella società italiana vige ancora uno schieramento ben preciso in tante famiglie: l’uomo va a lavorare e la donna fa la ‘casalinga’. Si tratta di schematismi culturali che per quanto oggi con l’informazione vengono superati, in realtà rimangono ancora molto radicati in diverse realtà.
Quando infatti si fa riferimento a ‘casalinga’ sembra che si possa citare solo il genere femminile, il termine ‘casalingo’ suona troppo stonato e ha poco valore in quanto sono davvero pochi casi familiari nei quali è l’uomo che in un certo senso rimane a casa, con tutto quel che concerne il lavoro casalingo, e la donna va a lavorare. Quindi sì, bisogna ancora parlare di ‘casalinghe’ perché è un fenomeno presente, e anche queste persone hanno diritto alla pensione. A differenza di quanto si può credere, anche lo stare a casa a badare alla famiglia, e in generale a svolgere le mansioni di casa, per quanto non sia un lavoro retribuito, viene riconosciuto dallo Stato.
Devono essere persone regolarmente assicurate, e la tutela riguarda sia uomini che donne (anche se c’è preponderanza femminile, come spiegavamo prima). Il loro lavoro è tutelato dal punto di vista previdenziale dal 1997 quando è stato istituito il Fondo Casalinghe. L’iscrizione al Fondo Casalinghe è gratuita e vi possono partecipare tutti coloro che non risultano assicurati per occupazione in altre attività. L’età pensionabile per le casalinghe in Italia dipende da due importanti fattori: l’età anagrafica e i contributi versati. Vediamo in che modo influiscono.
L’età minima per accedere alla pensione di vecchiaia per le casalinghe è di 65 anni. Ma vi si può andare anche prima, a 57 anni in alcuni casi in cui i contributi sono di più. Il requisito minimo di contributi sono 5 anni (per accedere alla pensione minima). Bisogna poi rispettare il limite dell’importo minimo che non deve essere inferiore a quello previsto per l’assegno sociale (534,41 euro al mese) maggiorato del 20%.
Il sistema di calcolo rimane contributivo, per esempio una lavoratrice che ha versato 100 euro al mese per 20 anni, si ritroverebbe a 65 anni con una pensione di 127 euro al mese. Se invece non si hanno contributi oppure non abbia mai svolto nessun lavoro nella vita intera? Paradossalmente converrebbe.
Perché adesso interverrebbe l’INPS con l’assegno sociale di quasi 600 euro al mese per 13 mensilità, ma bisogna aspettare i 67 anni. Per le casalinghe con una pensione bassa l’assegno può essere percepito ma in misura ridotta, nei casi in cui si fosse soggetti non coniugati.
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