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Pensione integrativa, una buona scelta: uno studio spiega il perchè

La pensione integrativa è sicuramente una buona opportunità per chi non vuole perdere il proprio tenore di vita alla fine della attività lavorativa. Ecco uno studio che dimostra l’importanza di questa possibilità. 

La pensione è senza dubbio uno dei momenti della vita, in cui poter vivere la propria quotidianità con serenità insieme agli affetti più cari. La previdenza sociale, nell’ultimo periodo è messa nuovamente in discussione.

Moltissime persone infatti, si sono già affidate a sistemi di previdenza complementari che gli consentano a fine carriera lavorativa di ottenere una pensione che sia quanto più congrua possibile alle proprie esigenze.

Uno studio di Smileconomy ha fornito importanti indicazioni su come integrare la propria pensione. Ecco quali sono i risultati di questa ricerca.

Pensione integrativa, da uno studio emergono dati importanti

Ritrovarsi a fine carriera lavorativa con una pensione che non rispecchia il tenore avuto fino a quel momento è uno svantaggio da non prendere sotto gamba. La pensione integrativa è un modo che permetterebbe ai futuri pensionati, di riuscire a compensare la differenza tra la pensione e l’ultimo stipendio ottenuto. 

Lo studio di Smileconomy per l’Economia prende in esame tre lavoratori autonomi e dipendenti in diverse fasce di età: 25,35 e 45 anni e ne ipotizza lo stipendio, stabilito secondo lo studio in 1800 euro netti a fine carriera. Dai calcoli svolti emerge quanto i lavoratori debbano investire in previdenza complementare per riuscire alla fine della propria carriera ad ottenere una pensione che sia l’80% dello stipendio o addirittura il 100% dell’ultimo stipendio.

Un ulteriore differenza di pensione è tra i lavoratori dipendenti e gli autonomi. Infatti, dallo studio emerge che la pensione netta sarà circa il 57% dell’ultimo stipendio per i dipendenti mentre per i 3 autonomi sarà inferiore di circa 100 euro. Un ulteriore differenza sta nel fatto che i lavoratori autonomi potranno andare in pensione solo 3 anni dopo rispetto ai dipendenti.

LEGGI ANCHE: La pensione che vogliamo | La proposta di Damiano tutela i precoci e i giovani

Quanto versare per pareggiare l’ultimo stipendio

Lo studio ci fornisce alcuni calcoli che ci permettono di capire quanto versare per ottenere una pensione che sia quanto più congrua possibile rispetto all’ultimo stipendio, anche per evitare spiacevoli sorprese.

Infatti, Smileconomy calcola i versamenti sia per i lavoratori dipendenti che autonomi. Secondo queste stime i lavoratori dipendenti dovranno versare tra i 211 e gli 800 euro, mentre gli autonomi dovranno versare tra 181 e 660 euro mensili. La differenza tra i dipendenti e gli autonomi si conferma nel fatto che questi ultimi dovranno versare tali cifre per un orizzonte temporale di 3 anni aggiuntivi.

Cosa possono fare i giovani

Sicuramente per i giovani versare una cifra mensile è molto più impegnativo. Tuttavia con l’aiuto dei genitori potrebbe essere possibile iniziare a risparmiare per ottenere un fondo pensione.

Vi sono infatti piani individuali pensionistici che consento la deducibilità grazie al bonus fiscale che copre le somme anche per i soggetti fiscalmente a carico fino ad un massimo di 5164 euro.

Lo studio di Smileconomy ci dice che un giovane dovrebbe versare se dipendente una cifra intorno ai 149 per una linea meno rischiosa, se invece autonomo una cifra di circa 143 euro sempre considerando il versamento per 3 anni in più.

 

Nicola Sabatino

Studente di Banking and Finance presso La Sapienza di Roma, da tempo per passione mi occupo della redazione di contenuti per testate online. Mi occupo di tematiche fiscali e di strumenti di investimento. Creatore di contenuti per la testata Trading.it da oltre un anno.

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