I lavoratori che hanno frequentato un corso di laurea hanno a disposizione un’opzione in più per andare in pensione in anticipo.
Coloro che hanno conseguito la laurea, possono sfruttare il periodo di studi per ottenere degli sconti sul requisito contributivo per accedere alla pensione anticipata. Scopriamo in che modo.
Il Presidente dell’INPS Pasquale Tridico, in occasione del Festival del Lavoro a Bologna, ha dichiarato la volontà di introdurre il riscatto di laurea gratuito.
“C’è da fare un intervento importante che, ovviamente, necessita di risorse importanti, quello della copertura di quel periodo formativo su base contributiva in modo che si possa, come avviene in Germania, riscattare la laurea in modo gratuito. Ora abbiamo il riscatto light che è un passo avanti, si riscatta la laurea nel modello contributivo con 20-22mila euro. Riscattare la laurea vorrebbe dire incentivare i giovani a studiare”, queste le parole del Presidente.
Riscattare il periodo di studi universitari, ai fini del raggiungimento dei requisiti per andare in pensione in anticipo, è uno strumento molto utilizzato ma, purtroppo, anche abbastanza oneroso. Attualmente, il suo costo, sulla base dell’importo contributivo minimo, è di circa 5.360 euro per ogni anno di durata del corso di laurea. Dunque, più di 15 mila euro per il corso di laurea triennale e 21 mila euro per quello quadriennale.
Il riscatto, però, conviene solo a chi è soggetto al sistema di calcolo contributivo, perché comporta un vantaggio in relazione agli anni di contributi. L’importo dell’assegno pensionistico, tuttavia, non subisce un aumento grazie al riscatto, perché viene calcolato solo in base a quanto versato nel periodo lavorativo.
L’obiettivo dell’introduzione del riscatto di laurea gratuito è quello di aumentare la percentuale dei laureati. Nel 2021, infatti, solo il 20% della popolazione, d’età compresa tra i 25 ed i 64 anni, risultava laureata, a fronte del 33,4% in UE; in calo rispetto al 20,1% del 2020. I laureati italiani tra i 25 e i 29 anni, invece, sono il 29,8% , rispetto al 40,6% in UE.
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Questi dati sono preoccupanti e dovrebbero far riflettere, perché si rischia che solo i più fortunati possano portare a compimento gli studi. Di conseguenza, solo questi ultimi avrebbero la possibilità di svolgere lavori più pagati e di avere, quindi, pensioni più elevate.
“Abbiamo scoperto con il Reddito di Cittadinanza che le politiche attive non funzionano”, ha confessato il Presidente Tridico. Per tale motivo, è fondamentale utilizzare al meglio le risorse del Pnrr ed investirle in modo strategico.
“Ci sono cinque miliardi per le politiche attive. C’è l’opportunità di rafforzare il sistema che passa da una governance complessa, quella delle Regioni. Attraverso una partnership rinnovata tra Regioni e Governo centrale e strumenti telematici che permettono l’incontro tra domanda e offerta dobbiamo creare maggiori opportunità”. L’attenzione sulle politiche attive dovrà essere una priorità per il Governo, perché esse “non creano lavoro, mandano i lavoratori dove c’è, bisogna fare investimenti per creare lavoro. Il Pnrr è un volano per la politica economica dei prossimi anni. È importante utilizzarlo al meglio”.
Tridico ha espresso la sua preoccupazione anche sui salari. In Italia, infatti, sono troppo bassi rispetto alla media europea ed ha proposto due possibili strade per migliorare la situazione. Da un lato, c’è l’opportunità di innovare la contrattazione nazionale, abolendo i contratti pirata ed introducendo maggiori strumenti di rappresentanza. Dall’altro, invece, c’è l’adozione di un salario minimo legale.
Sarà compito del Governo scegliere quale strada intraprendere. Senza dubbio, Tridico insiste sul salario minimo, che potrebbe risolvere molti problemi. L’aumento delle retribuzioni, infatti, potrebbe portare ad un aumento anche dell’offerta di lavoro perché incrementerebbe la partecipazione anche nei settori dove ora manca la manodopera.
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