La pensione di reversibilità è una prestazione erogata dall’INPS ai superstiti quando muore il lavoratore o il pensionato. Ma cosa succede se il coniuge contrae un nuovo matrimonio?
Sono arrivati agli Esperti di Trading.it molti quesiti sulla pensione di reversibilità. Oggi esaminiamo il quesito di una Lettrice che percepisce la pensione di reversibilità, è vedova e vive con una figlia minorenne. Chiede agli Esperti, cosa può accadere all’assegno che percepisce per se stessa e sua figlia, se contrae matrimonio con il suo attuale compagno. Per rispondere a questa domanda analizziamo la normativa che regola la pensione di reversibilità INPS.
Pensione di reversibilità: con il matrimonio cosa succede all’assegno si perde?
La normativa prevede che, il diritto di reversibilità per il coniuge, cessa qualora contragga un nuovo matrimonio. In questo caso, al coniuge spetta solo un importo una tantum della reversibilità del defunto. L’importo una tantum, in linea generale è circa due annualità della quota di pensione spettante, nel calcolo è compresa anche la tredicesima mensilità, e si considera la misura spettante alla data del matrimonio.
Nell’ipotesi in cui, come nel caso della nostra Lettrice, la pensione di reversibilità risulti erogata oltre che al coniuge, anche ai figli, la prestazione economica deve essere riliquidata in favore dei figli, applicando le aliquote di reversibilità in base alla relazione di parentela e alla mutata composizione del nucleo familiare.
Sempre in materia di pensione di reversibilità e nuovo matrimonio, la Corte Costituzionale ha abrogato la normativa prevista dal decreto legge n. 98/2011. La normativa abrogata era in vigore dal 2012, e stabiliva una riduzione della percentuale spettante nel caso in cui il deceduto avesse contratto matrimonio all’età di 70 anni o superiore e la differenza fra i coniugi fosse superiore a 20 anni. Inoltre, il matrimonio era durato meno dieci anni.
La Corte, ha ritenuto irragionevole una limitazione della trattamento previdenziale connessa all’età del defunto e alla data del matrimonio. Nella sentenza i giudici hanno ribadito che la legge deve rispettare i principi di ragionevolezza, uguaglianza e solidarietà in base alla pensione di reversibilità. Inoltre, ha chiarito che non deve interferire sulle scelte di vita delle singole persone. In effetti, la sentenza ritiene inaccettabile tale limitazione e procede con l’abrogazione.
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Contributi e una tantum
La pensione di reversibilità è una prestazione erogata dall’INPS a domanda dell’interessato, quindi, non è automatica. I familiari più stretti, possono presentare domanda alla morte di un lavoratore o di un pensionato. I requisiti richiesti per accedere a questa misura sono molto rigidi e predispongono anche dei contributi ben precisi. Infatti, la prestazione spetta ai superstiti in base alla posizione contributiva del defunto, se era un lavoratore con 780 settimane di contributi, oppure, 260 settimane di cui almeno 156 settimane accreditate nell’ultimo quinquennio prima del decesso, spetta la pensione indiretta. Se, invece, il defunto era pensionato spetta la pensione di reversibilità.
Inoltre, se nessuna delle prestazioni può essere concessa, è riconosciuta una prestazione denominata “indennità di morte” una tantum, basata sull’entità dei contributi effettivamente versati dal defunto.