La pensione di reversibilità 2022 non può essere tagliata di un importo superiore all’ammontare complessivo dei redditi raggiunti.
A stabilire questa importante novità è la Corte costituzionale che, con una recente sentenza, la numero 162, ha accolto una questione sollevata dal TAR del Lazio. In questo modo, in caso di accumulo con altri redditi del beneficiario la pensione di reversibilità non potrà essere tagliata, nel rispetto di determinati importi.
La novità che riguarda le pensioni di reversibilità 2022 è stata voluta dalla Corte Costituzionale che si è espressa tramite una sentenza, accogliendo una questione sollevata dal TAR del Lazio.
Il problema faceva riferimento al cumulo tra pensione di reversibilità e redditi aggiuntivi del beneficiario.
Stando a quanto si legge dalla sentenza 162, non è possibile decurtare la pensione di reversibilità riducendo l’importo in base all’ammontare complessivo dei redditi aggiuntivi. Il taglio della pensione oltre la misura dei redditi conseguiti rappresenterebbe un’azione sfavorevole nei confronti del superstite.
Una situazione del genere sarebbe nettamente in contrasto con la finalità solidaristica, che caratterizza l’istituto della reversibilità.
Pensione di reversibilità 2022: nel cuore della sentenza
La suddetta sentenza della Corte Costituzionale è stata emessa poiché il titolare di una pensione di reversibilità, che per 2 anni aveva ricevuto altri redditi aggiuntivi, aveva subito il taglio del trattamento pensionistico per una somma superiore all’importo di tali redditi.
Secondo la corte costituzionale, una situazione del genere non è ragionevole ed è nettamente in contrasto con la finalità solidaristica dell’istituto della reversibilità.
Dopo tutto, la pensione di reversibilità ha lo scopo di valorizzare il legame familiare che unisce il superstite al defunto, ovvero al titolare della pensione.
Pertanto la decurtazione della pensione non avrebbe favorito il superstite bensì lo avrebbe danneggiato. Nel caso specifico, trattato dalla sentenza emessa dalla Corte Costituzionale, il beneficiario della pensione era privato di una somma che superava i redditi personali.
Per questo motivo la sentenza ha ribadito, ove mai ve ne fosse il bisogno, che il cumulo tra pensione e reddito del beneficiario devono sottostare a specifici limiti. È, infatti, necessario che i valori coinvolti vengano bilanciati. Per tale ragione, la corte ha stabilito che, in presenza di altri redditi, la pensione di reversibilità può subire un taglio solo fino a concorrenza dei redditi stessi.
Cos’è l’assegno di reversibilità?
La pensione di reversibilità è un trattamento riconosciuto in seguito al decesso del pensionato o dell’assicurato. Il trattamento pensionistico in questione è riconosciuto in favore dei familiari superstiti. La pensione rappresenta una quota percentuale dell’assegno percepito dal de cuius.
Per quanto, invece, riguarda la pensione indiretta è necessario che il pensionato abbia perfezionato almeno 15 anni di anzianità assicurativa e contributiva. Oppure 5 anni di anzianità assicurativa e contributiva, di cui almeno tre nel quinquennio precedente alla data della morte.
In ogni caso la pensione di reversibilità spetta ai familiari superstiti che ne hanno diritto, ovvero:
- Il coniuge o l’unito civilmente
- I figli minorenni
- Il coniuge divorziato, nel caso in cui sia titolare dell’assegno divorzile e non si sia nuovamente sposato
- I figli al lavoro a carico del genitore al momento del decesso, a prescindere dall’età
- I figli maggiorenni studenti a carico del genitore che non svolgono attività lavorativa, entro il ventunesimo anno di età;
- In assenza di coniuge e figli aventi diritto, la pensione spetta ai genitori che hanno compiuto 65 anni d’età e non hanno pensione e risulti ma a carico del lavoratore deceduto.